ALASKA : Troppa carne al fuoco?

Non bastano la bravura di Elio Germano e la freschezza della Bergès-Frisbey a rendere del tutto convincente l’ultimo film di Claudio Cupellini.

Nonostante più volte, durante la visione, ci si trovi di fronte a elementi che sono oggettivamente poco accurati, forzati o ingenui, l’ultimo film di Claudio Cupellini ha qualcosa che mi impedisce di relegarlo tra i NO assoluti.
Indubbiamente il regista eccede nell’inserire un numero spropositato di eventi che a un certo punto sono così tanti e eclatanti da risultare improbabili e render poco credibile la narrazione, all’interno di una storia che di per sé è delicata e intensa e probabilmente avrebbe potuto vivere di luce propria, senza essere infarcita e appesantita da una quantità di situazioni che oltretutto in qualche modo ne distolgono l’attenzione, più come un disturbo che come un canovaccio che dovrebbe sostenerla.
La sensazione è quella di mangiare un buon dolce con troppa panna, che copre il gusto originale e alla lunga, nausea.
Neanche vivendo tre vite sarebbe plausibile che nell’esistenza di una coppia si verificassero tante circostanze eccezionali.

Il tutto, però, è almeno in parte compensato dal fatto che il percorso di vita di questa coppia è una bella storia, piacevole da vivere con loro, alla quale affezionarsi, e questo è un merito che va reso al film.
L’intensità del trasporto che porta i due protagonisti a non allontanarsi mai definitivamente, a mantenere vivo quel qualcosa che quando si crea è urgente, a prescindere da differenze individuali, caratteriali, dagli eventi, dal tempo e dalla distanza, si percepisce tutta;
Elio Germano, sempre incisivo ed espressivo, offre la solita ottima interpretazione e, a dispetto della sua esile mole, ha una grande presenza scenica; Astrid Bergès-Frisbey, incredibilmente bella, della quale si è potuto già apprezzare la freschezza nel recente I Origins, appare molto naturale sia nell’esprimersi che nel muoversi, illuminando notevolmente un’atmosfera cupa e torbida.
I due sono entrambi molto efficaci, piuttosto credibili e riescono a trasmettere allo spettatore la forza di quello che vivono i loro personaggi, riuscendo a coinvolgerlo nel loro sentire, si tratti di slancio, impeto e sentimento o di tormento e sofferenza.
Ho apprezzato particolarmente l’uso alternato delle due lingue, italiano e francese, soprattutto tra i due , che le parlano entrambe intercalandole in modo naturale e spontaneo, il che conferisce veridicità alla scena.

Inoltre, la trama apparentemente banale di una storia sentimentale si pone anche su un altro piano, meno diretto, dando una rappresentazione della realtà pervasa dalla rassegnazione a un mondo venale in cui, sì, l’amore è il motore di tutto, ma di certo non è l’unico, che si parli di amicizia, relazione sentimentale o familiare, tutti inevitabilmente condizionati dal desiderio di appagamento materiale.
Non una riflessione originale né particolarmente acuta, certo, ma resa abbastanza bene dalla caratterizzazione psicologica dei personaggi e dalla descrizione del contesto in cui vivono.

Insomma, un’opera certamente non eccelsa, con tanti difetti, che istintivamente può anche suscitare reazioni di grande disapprovazione, ma che possiede degli elementi apprezzabili che le conferiscono un suo valore.

Alaska è al cinema dal 5 novembre 2015.

Roberta Girau

 

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply