Blade Runner 2049: niente di speciale da Villeneuve

Recensione dell’atteso sequel del più grande capolavoro di Ridley Scott, che mantiene il ritmo lento e i toni seri di quest’ultimo, ma non l’atmosfera dark, della maestosità visiva e dell’originalità tecnologica del 1982/2019.

Oggi è il giorno atteso da 35 anni per molti, ma non per tutti.
Blade Runner 2049 è adesso al cinema per tutti in Italia, ma appunto, avevamo davvero bisogno di questo sequel?

Meglio un sequel che un remake, su questo è d’accordo anche Michele Gammino, storico doppiatore di Harrison Ford, perché almeno sono storie nuove, ma al tempo stesso, se una storia nuova rovina il fascino di quella iniziale, è davvero un bene per il cinema?

Il punto chiaramente gira tutto intorno a Rick Deckard e sul suo dilemma decisamente Shakespearianosono un replicante o un umano? Questo è il problema!
Rydley Scott ha già da tempo dato la sua versione, decisamente contraria a quella di Harrison Ford, ma al tempo stesso, abbiamo tre versioni dell’originale che sembrano contraddirsi tra loro. Mistero irrisolvibile, dunque, almeno sul grande schermo, che ha fatto dunque di Blade Runner uno dei migliori film neo-noir di fantascienza della storia.

Quindi, se ci basiamo sulla versione cinematografica, Deckard può essere benissimo un replicante speciale rispetto agli altri, senza data di termine, capace di essere vivo nel 2049, o anche un essere umano. Semmai il vero colpevole della perdita di magia intorno a Blade Runner è proprio Ridley Scott, che doveva farsi senza troppi giri di parole gli affari suoi e lasciare il mistero aperto senza dire la sua riguardo a Deckard in non troppo lontane interviste.

Ci è stato chiesto espressamente di non parlare della trama per non rovinare alcuna sorpresa allo spettatore, anche perché, se togli anche questa, cosa resta a Blade Runner 2049?

La critica internazionale è rimasta entusiasta degli effetti visivi curati da Denis Villeneuve, ma naturalmente non può essere tale per tutti. In quelle immagini e in quella tecnologia non c’è nulla di nuovo rispetto a “Il sesto giorno” di Roger Spottiswoode o “Her” di Spike Jonze, solo per citarne due, e oltre non ricreare la sublime atmosfera dark di Los Angeles del film originale, ormai allo spettatore di oggi come può portare le emozioni di una volta?
Visto con gli occhi odierni “Blade runner” del 1982 è ancora più bello perché mancano due anni al 2019 ma i replicanti sono ancora lontani dall’essere inventati. Stesso discorso per le stazioni orbitali di “2001 Odissea nello spazio” o per l’hoverboard di “Ritorno al futuro II”.
Hampton Fancher e Michael Green ambientano questa storia tra 32 anni senza ipotizzare nulla di innovativo rispetto ad altri lungometraggi di fantascienza del passato, questo è il succo del discorso.
In mancanza della perfetta Los Angeles del 2019, bisogna allo stesso tempo ammettere che il film prova a mantenerla su altri aspetti. Lo scorrimento è lento nella maniera giusta, e cosa ancor più importante, non hanno ceduto ai moderni toni della fantascienza di oggi. Niente effetti speciali maestosi ed esplosivi in stile Michael Bay o J.J. Abrams, e soprattutto niente comicità banale e inopportuna che continua a rendere gran parte dei cinecomic Marvel mediocri ed infantili almeno dal 2013.

Continuando a non parlare della trama, la presenza di Harrison Ford salva buona parte del film come fu con “Il risveglio della forza” e, si spera, anche per il venturo “Indiana Jones 5”, e soprattutto per una cosa: l’effetto nostalgia.
L’empatia nel rivedere l’eroe di una volta invecchiato ma ancora presente è qualcosa che il cinema riuscirà sempre a regalarci, nonostante tutto, e questo vecchio agente Deckart è stato decisamente utilizzato nella maniera giusta, mentre che possiamo dire di Ryan Gosling?

Senza infamia e senza lode, almeno per metà del film, poi il giovane agente K riesce ad emozionare quando i nodi cominciano ad arrivare al pettine, anche se un finale alla Hunger Games (che fa ipotizzare a nuovi sequel) danneggia un po’ tutto quanto.

Rutger Hauer, e quindi anche Sandro Iovino, non sono naturalmente presenti in questo film, perciò dubito che sentiremo, nella versione originale e doppiata, frasi che resteranno nella storia come “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi…”, però al tempo stesso possiamo essere ancora una volta soddisfatti del nostro doppiaggio. Oltre al leggendario e già citato Michele Gammino per Harrison Ford, Gianfranco Miranda ed Emiliano Coltorti si dimostrano decisamente all’altezza nel dare la voce a Ryan Gosling e Jared Leto, così come Simone Mori per Dave Bautista.

Blade Runner 2049 nonostante tutte queste mancanze è un film che va visto perché è giusto sapere come la storia, sotto la supervisione dello stesso Ridley Scott, va avanti, ma almeno ci auguriamo che prima di realizzare nuovi sequel tutti gli addetti ai lavori ci pensino almeno due volte.

Blade Runner 2049 sarà presente, in 750 copie, nei migliori cinema italiani da giovedì 5 ottobre 2017.

Valerio Brandi

 

You must be logged in to post a comment Login

Leave a Reply