«Perfidia è un film profondamente legato al tempo in cui viviamo. Mi interessava raccontare questo piccolo angolo di mondo, Sassari, una cittadina di provincia come ce ne sono tante in Italia, attraverso il problema della disoccupazione giovanile. È un film che nasce da ricordi, da situazioni vissute e immaginate, da me stesso e da persone che ho conosciuto. Persone fragili, invisibili, incapaci di desiderare qualcosa di meglio, ma al tempo stesso capaci di commettere atti incoscienti, così, senza un apparente motivazione razionale o un significato univoco, senza averne una reale consapevolezza. L’unica spiegazione che si può dare alle loro azioni è già lì, nella loro vita, nel loro vuoto culturale, nella mancanza di aspirazioni, di amore». Ecco le parole con cui Bonifacio Angius presenta il suo film. E questa provincia senza appigli e senza passioni ci preoccupa, ci spaventa. È un luogo dove la mediocrità viene invidiata, dove si aprono voragini a inghiottire i sogni, dove i dialoghi sono contenitori vuoti in cui le parole rimbalzano senza trovare riscontro. Ma è tutto vero.
Noi lo abbiamo incontrato al Cinema Beltrade di Milano in compagnia dell’attore Stefano Deffenu e della produttrice Grazia Porqueddu. Il trio ha partecipato all’aperitivo, alla proiezione e al successivo dibattito, per una serata ricca di partecipazione e di buon vino isolano. (Il film è ancora in programmazione). Angius, classe 1982, ha raccontato di essere cresciuto con gli esempi di Fellini, Leone, Scorsese e Cassavetes, ma la sua regia ha già uno stile proprio. Lui è un uomo asciutto, avulso dalla retorica e schietto. Tutte caratteristiche comuni anche al suo lavoro che si completa di attori ben al di sopra della media nazionale, bravi e mai eccessivi. Nato, sviluppato e realizzato a Sassari, in Sardegna, non è un film generazionale, non prende posizione politica e non vuole fare denuncia. Perfidia è Perfidia e ha la capacità di emozionare senza ricorrere agli artifici del mezzo cinematografico.
Ci racconti le fasi del film, dal soggetto alla post produzione?
“Ho scritto il soggetto e una prima versione della sceneggiatura di getto. Poi ho conosciuto a Roma Fabio Bonfanti, che nel 2010 ha frequentato il corso Rai Script per sceneggiatori. Condividevamo una stanza in affitto e siamo diventati amici. Abbiamo lavorato alla stesura definitiva del testo per un anno e mezzo. La svolta è arrivata grazie a Monello Film nella persona di Grazia Porqueddu, direttore di produzione e impegnata anche nella distribuzione. Non volevamo lasciare Perfidia nel cassetto o peggio permettere che diventasse il tappa buchi di una società importante. Lo abbiamo fatto uscire noi.”
Come ha scelto gli attori?
“Ho cercato persone del luogo, di Sassari, che potessero capire questa storia per davvero. Ho deciso che Stefano Deffenu sarebbe stato il protagonista prima di scrivere il film, e i dialoghi sono pensati su misura per lui. Mentre Mario Olivieri, il padre, l’ho trovato con il classico casting. L’avevo immaginato in un altra parte, ma lui non era d’accordo [ride]. È un attore vernacolare, se vogliamo un De Filippo sassarese. Avevo un po’ di paura che la sua impostazione teatrale diventasse ingombrante invece lui si è abbandonato, si è lasciato “frustare” senza battere ciglio.”
Angelo è un personaggio vero. Come hai raggiunto questa autenticità?
“Semplicemente lasciandomi guidare dall’istinto e dalla realtà, il resto lo ha fatto Stefano. Non è un attore professionista, ma è il più grande cinefilo che conosco. All’inizio gli ho chiesto di ispirarsi a Il Vagabondo di Chaplin poi siamo andati avanti con questo gioco dei parallelismi durante tutte le riprese. È stato molto divertente. Lui ha molto talento, tutti i ciak erano buoni.”
La realtà è “perfida” e delude le aspettative del protagonista.
“Angelo non conosce la realtà. Ha una visione infantile, è incapace di prendere decisioni quindi sbaglia tutto quando prova a farlo. A volte sembra che possa arrivare a una svolta, a una maturazione, ma non succede. Per lui il tempo è scaduto. Il film non bara, io mi sono ispirato a quello che conosco. Ci sono tantissimi uomini di quella età in una situazione simile, ognuno a modo suo. Sono vecchi amici e sono stato io stesso.”
Che ruolo ha la figura femminile?
“La donna apparentemente ha un ruolo secondario, ma è proprio la sua assenza a condannare i personaggi, a lasciarli in balia di loro stessi. Il caso di Angelo è particolare perché la madre non solo è mancata, ma è stata troppo protettiva. E ora che lui desidera una compagna è inadeguato. Purtroppo anche questo modello genitoriale è un retaggio della mia esperienza.”
Oltre la storia, cosa racconta Perfidia?
“Non ho un messaggio da inviare al pubblico. Ognuno dovrebbe ragionarci sopra per proprio conto. La scrittura e la realizzazione sono stati così istintivi che non mi sono mai posto il problema. Il mio unico proposito è stato di non mentire mai. Volevo raccontare una storia di oggi, una che conoscevo profondamente. Ho pensato: «Se interessa a me può interessare anche agli altri. Non a tutti, ma forse è meglio».”
Invece Sa Gràscia, la tua opera prima, è un lavoro quasi surreale.
“È un lavoro di cui vado orgoglioso, ma era un esperimento. Non esisteva nemmeno una sceneggiatura, ho inventato una storiella e poi ci ho ricamato intorno. Non lo considero un esordio, è un cortometraggio allungato, un ibrido di 65′. Perfidia è la mia opera prima.”
Ha un nuovo progetto?
“Il mio nuovo film racconta la formazione di un piccolo nucleo familiare. È una storia d’amore tra un uomo di 60 anni e una donna di 30, del piccolo sogno di due disgraziati che non capiscono il mondo e vorrebbero scappare dalla propria vita. Siamo sempre a Sassari in un estate soffocante e senza spiagge, ma fatta di cemento.”
Zelia Zbogar
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