Doppiaggio: Letizia Ciampa al Romics 2017

Nell’edizione di ottobre della Fiera Internazionale del fumetto, animazione, videogames, cinema e intrattenimento, ospite d’onore della domenica è stata la voce di Hermione, Daenerys Targaryen e delle moderne principesse Disney.

Non è solo una fiera di fumetti, il Romics dedica spazio a coloro che hanno fatto grande il cinema in Italia e tra questi c’è anche il nostro doppiaggio. “One Man Show”, o in questo caso, “Woman”, è una rubrica fissa della domenica di ogni edizione del Romics, e stavolta l’ospite è nientemeno che la principessa del doppiaggio della magia: Letizia Ciampa.
Un incontro moderato da Mirko Fabbreschi dei Raggi Fotonici, e con alcuni interventi da parte del pubblico.

 Come tutti quelli che come te iniziano molto presto, si legge la tua biografia e sembra che tu abbia 290 anni, perché veramente hai fatto la storia del doppiaggio, hai cominciato da piccolina anche con ruoli importanti. Ti ricordi il tuo primo torno di doppiaggio?
«Il brusio di tutti i bambini piccolini in Fantaghirò. Ero piccolina, avevo otto anni e dicevo qualche frasetta. Poi il primo personaggio è arrivato con “Un giorno per caso”, con Michelle Pfeiffer e George Clooney, e doppiavo un maschietto, che aveva 4-5 anni. Era carnevale, e visto che ero molto simpatica ero vestita da Odalisca, un vestitino blu molto carino, lanciavo coriandoli per lo studio e ho conosciuto la mia amica di sempre, da 21 anni almeno, Gemma Donati. Il divertimento con il doppiaggio è arrivato dopo, all’inizio dicevo “proviamo”, perché non sapevo come fare, c’era in sala l’assistente che guarda il sinc, il labiale, e ai bambini segnala con un colpetto sulla spalla quando devi parlare, ed è andata bene, perché il film era una commedia, con doppiatori del calibro di Pannofino per Clooney ed Emanuela Rossi per Pfeiffer.
Sono entrata nel doppiaggio grazie a mio padre che era un rumorista, un direttore di studio, oggi purtroppo non c’è più però è grazie a lui se sono qua. A un certo punto aveva già iniziato mia sorella Alessandra, più grande di me di nove anni, e negli stabilimenti si ricordavano di mio padre che aveva questa bambina di quattro anni, e visto che i bambini si cercano sempre nell’ambiente perché soprattutto i maschietti verso i dieci anni cambiano la voce. I bambini cominciano piccoli perché servono, non tanto perché figli d’arte, visto che ci sono tanti talenti esterni. E quel giorno del mio primo provino c’era anche Gemma, che all’epoca aveva 12 anni»

Dopo i maschietti hai cominciato a doppiare anche femminucce, e con l’horror
«Si, Kyra Collins (Mischa Barton ne “Il sesto senso”, n.d.r.) e poi Linda Blair nelle scene aggiunte de “L’esorcista”. Mi ricordo ben poco di Kyra, poi rivedendolo da grande mi sono accorto di quanto fosse inquietante.
Per l’esorcista, è stato un lavoro particolare. Lo storico direttore di doppiaggio Mario Maldesi lo sentì per la prima volta al telefono e mi fece parlare, così venne scelta per il ruolo. Ritenne la mia voce, a quattordici anni, identica a quella di Monica Gravina dell’epoca.
E poi venne The Others con la figlia di Nicole Kidman (Anne Stewart interpretata da Alakina Mann, n.d.r.). Ero entrato in un circuito, non so perché, di bambine horror, ma riuscivo a dormire la notte, anche se la scena in cui lei è vestita da sposina è stato un trauma infantile. Però questa scena mi ricorda una cosa: ero dal dentista, e a un certo punto ho urlato, e quando sono uscita mia mamma mi ha detto “Guarda, c’è un bambino che ti vuole dire una cosa”, e lui “Ma tu sei la bambina che ha fatto The Others? Ti ho riconosciuto dall’urlo!” Non so chi fosse più inquietante, lei o lui, ma quella è stata la prima volta che mi sono resa conto che qualcuno mi poteva riconoscere dalla voce»

Rispetto agli attori comuni tu puoi circolare facilmente per strada senza essere riconosciuta, anche se la voce…
«Infatti con Hermione una volta ero in un bar con una mia amica, ho riso, e alcune ragazze si sono avvicinate dicendo di aver riconosciuto la risata di Hermione di “Harry Potter e l’ordine della fenice” mi sembra. Anche perché parlando io sono abbastanza romana, e questo ci contraddistingue, perché quando siamo al lavoro riusciamo a cambiare voce completamente»

Quando hai cominciato a doppiare Harry Potter tu già lo conoscevi?
«Assolutamente no. Anzi, la chiave è proprio questa: essere inconsapevoli. Ti butti, vai. La vivi in maniera diversa, non la vivi con la pesantezza, la responsabilità, a differenza del trono di spade. Io e Alessio Pucci avevamo 15 anni e non conoscevamo Harry Potter, mentre Giulio Renzi Ricci, il doppiatore di Ron, era entusiasta perché aveva già letto i libri. I primi tempi io e Alessio noi lo abbiamo presa molto tranquillamente, poi abbiamo capito l’importanza di questo mondo. E abbiamo cominciato ad essere invitati alle convention soprattutto quando uscivano nuovi libri»

All’epoca eri adolescente, le tue amiche come ti vedevano?
«Questa cosa fa più effetto a chi non mi conosce. Il doppiaggio fa parte di me, è la mia vita, ma ho anche la mia vita al di fuori del doppiaggio. Ho la mia vita, ho 31 anni, un cane, convivo. Le mie amiche vivevano felici quello che stavo passando, soprattutto Gemma che veniva con me alle convention. Adesso con il Trono di Spade c’è qualcosa in più, qualche amico che mi chiede di mandargli un messaggio vocale, lo faccio ma al tempo stesso rispettano la mia vita privata»

Con Hermione sei stata dieci anni, è un’attrice che ti piace doppiare al di fuori di questo personaggio?
«Per fortuna lei ha fatto altri film, anche se per un po’ si è tenuta addosso l’etichetta di Harry Potter. In “Bling Ring” si vedeva che cercava di uscire dalla sfera di Hermione. Ma alla fine lei non mi inganna, conosco i suoi respiri, conosco qualsiasi cosa, riesco a prevederla, per me è sempre Hermione, poi è diventata Belle e lì è diventata magica. Purtroppo non l’ho mai incontrata viste le differenze di distribuzione con l’Italia»

Nel 2002, l’anno successivo hai doppiato la regina rossa in Resident Evil. Ultimo lavoro horror prima del fantasy con Violet in “Una serie di sfortunati eventi”
«Ero più emozionata per il finale per capire cosa avrebbe fatto Jim Carrey anche perché io doppiavo solo le mie scene e quindi non puoi vedere tutto se non sei sempre presente. Direttore sempre Francesco Vairano, Piton in Harry Potter. Questa seria ci ha aiutato moltissimo a conoscerci. Mano mano che andavamo avanti i film diventavano sempre più tosti»

In questo filone fantastico arrivano le Cronache di Narnia:
«Si, qua ero la sorella più grande, Susan, c’era molto differenza tra gli altri personaggi, lei è subito una combattente, caratteri diversi, anche perché piano piano mi cresceva la voce, e le intonazioni ti chiamano. La stessa frase non la dirai più rispetto a quando avevi nove anni»

Quando hai cominciato Hermione Harry Potter non era così mainstream come oggi e quindi era logico non conoscerlo, cosa diversa invece con Alice
«Alice è arrivato nel 2010, io sono una fan della Disney, faccio collezione dei suoi classici, sono cresciuta con lei, Cenerentola, Belle… Alice è stata una bella cosa perché il provino che ho fatto è stato mandata in America e scelto personalmente da Tim Burton. L’ho doppiata in maniera molto serena, e da lì abbiamo aperto le porte al mondo Disney»

Ma tra fantasy e Disney c’è anche uno scheletro nell’armadio… “Angry Games: la ragazza con l’uccello di fuoco”…
«Ci sta, come tornare a casa dopo una serata con intellettuali, mettersi sul divano e vedere Fantozzi… Non ho mai visto Hunger Games, quindi con la parodia ho più o meno un’idea dell’opera originale, quindi lo devo vedere»

Poi sei tornata alle principesse, diventando Cenerentola
«Cenerentola è arrivata con un provino, diretto da Maura Vespini, direttrice che sa quello che vuole, abbastanza severa. Ogni film ti lascia qualcosa. Avendo perso mio padre a 14 anni, le tue esperienze, il tuo bagaglio, te lo porti. Una cosa come un lutto ti fortifica, la voce diventa diversa, si abbassa. E con Cenerentola ci sono scene, perché sappiamo tutti come il papà finisce, che sono toste da fare, non solo per chi ha cominciato da pochissimo, ma per chi in realtà come me, come Gemma, abbiamo cominciato da piccole e ci siamo portate dietro questo bagaglio di vita. C’è la scena in cui il padre chiede a Cenerentola “Che cosa vuoi che ti porto dal mio viaggio?”, e io quella scena l’ho dovuta ripetere quindici volte. C’era Maura Vespini che si stava innervosendo, perché mi viene il magone perché sentivo che la mia vita era rotta, e l’ho fatta con le lacrime alla fine, e lei poi è venuta a scusarsi perché l’aveva dimenticato. Questo per dire che il lavoro è bello, sembra facile, ma è un lavoro di cuore, e se non ce l’hai non arriva questa cosa»

Poi “La bella e la bestia”
«È arrivata in un momento particolare della mia vita, in cui avevo rivoluzionato alcune cose, con un nuovo amore, molto emozionante da quel punto di vista, però si, l’ho vissuta benissimo, ho fatto nuovamente un provino su Emma Watson, e l’ho vinto. E poi ci siamo innamorati, “solo amici e poi…” ecc. ecc.»

Lasciamo per un attimo il cinema e passiamo alle serie televisive
«Ho fatto “Desperate Housewives”, “Il mondo di Patty”, “Dottor House”, e arriviamo al Trono di Spade. È arrivato facendo un provino, anche qui inconsapevole come Harry Potter, e quindi mi dispiace per le colleghe che tenevano a quel ruolo perché fan dei libri, Daenerys è stata un po’ difficile perché all’inizio è un po’ sottotono, sotto scacco dal fratello, poi mi sono innamorata pure io di Drogo, cosa che non mi è successa con Harry Potter, poi il personaggio si è evoluto e ho dovuto proporre un’intonazione reale, spero di esserci riuscita. Tutti noi che lavoriamo sul Trono di Spade abbiamo addosso un macigno talmente enorme, ci sono talmente tanti fan, compresa mia madre che vorrebbe che leggessi i libri come lei, e c’è un grande senso di responsabilità per adattatori e traduttori, e quindi a volte ci chiedono i fan a Lucca perché avete modificato alcune cose, ma non dipende da noi»

Chiudiamo un attimo le serie tv e poi passiamo con le domande dal pubblico: Orange is the new black
«Prodotto che poi è stato comprato da Netflix, direttrici Isabella e Anna Rita Pasanisi, appena ho fatto il provino ho detto loro “Ma dopo le principesse, lei? Sesso e prigioni?”. Ma mi sembra di esserne uscita bene, così come IZombie, e pure Soy Luna per tornare un po’ ai tempi del mondo di Patty, e sono entrata anche nel cast di Beautiful. Maya, la prima transgender nelle soap opera. Lei che si chiama Maya in realtà si chiamava Myron. La voce l’abbasso un po’ anche se è sempre una ragazza»

Vista la segretezza intorno al Trono di Spade, come avete doppiato la serie? Con lo schermo in bianco e nero, solo le bocche degli attori, o con video interi? E tornando ad Harry Potter, che cosa ci puoi dire su Gianni Musy?
(Domanda del sottoscritto)
«Su Gianni Musy, personalmente trovo che in questo lavoro non finisci mai di imparare, per il secondo film ho chiesto proprio in quali turni avesse Gianni per far sì che potessi seguire il suo turno prima di fare il mio. Perché vedere attori di quel calibro è molto difficile adesso. Poi ora non c’è più, quindi vederlo anche solo in sala che doppiava Silente… Un attore vero, vedi proprio le tecniche vecchie, un modo di fare diverso, e lì fai un po’ da spugna, e questo è l’aneddoto che ho su Gianni, perché non abbiamo mai fatto scene insieme. Andare lì per vederlo lavorare è stato illuminante.
Sull’ultima stagione del Trono di Spade, noi dovevamo lavorare in contemporanea, e quindi doppiare a fine luglio e per tutto agosto, poi per fortuna ci hanno dato il materiale in anticipo, ma super blindati. Bianco e nero, con le bande, anche in Harry Potter è successo questo. Quando il progetto è così importante non si fidano manco di noi, soprattutto adesso con i telefonini ci metti un attimo a fare una foto, e non è giusto perché il prodotto prima deve uscire, certo è difficoltoso perché lavori un po’ che ci vedi e non ci vedi, poi arriva il final perché all’inizio doppi sul preliminare, e se è andato tutto bene e il final è identico al preliminare non devi fare nient’altro, sennò devi aggiungere o modificare qualcosa»

Per te è difficile quando finisci di doppiare staccarti dal personaggio?
(Domanda dal pubblico)
«Noi facciamo più personaggi nell’arco di una giornata. Può capitare in un giorno fai un film intero, mentre un giorno la mattina fai Il Trono di Spade, all’ora di pranzo fai Bloom e il pomeriggio High School Musical. Quindi hai una sorta di crisi di identità, ma alla fine è lavoro e devi staccarti da quella cosa. Poi dipende da come ti organizzi la giornata. Se sai che hai una serie di cartoni giapponesi che strillano non ti metti due turni vicini sennò perdi la voce. Noi doppiatori ci gestiamo l’agenda da soli in modo da incastrarci con i turni per farci il meno male possibili. Ma riusciamo a staccarci dai personaggi sennò saremmo degli psicopatici»

C’è un personaggio che avresti voluto doppiare?
«Non ci ho mai pensato, però Nicole Kidman non mi sarebbe dispiaciuto, visto quanto è un genio Chiara Colizzi»

Top dei tuoi colleghi?
«Emanuela Rossi, Laura Boccanera, Laura Romano, Chiara Colizzi, mentre riguardo alle voci maschili Roberto Pedicini e Simone D’Andrea»

Oltre ad essere stata doppiatrice hai fatto anche l’attrice in carne e ossa
«Si, per puro caso sono stata scelta per Melissa P., nel ruolo di Manuela, grazie alla mia collega Elena Perino, che aveva già fatto “Non ti muovere” di Sergio Castellitto, e ha proposto un mio disegno allo storyboard di Melissa P., e sono stata scelta, ho fatto tre mesi a Lecce nonostante fosse il mio ultimo anno di liceo. Non ero molto convinta, è stata un’esperienza un po’ strana, però poi è andata bene. E successivamente ho fatto anche un film con Marco Risi, “Tre tocchi”. Se non avessi fatto l’attrice però avrei fatto l’estetista»

Valerio Brandi

 

 

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