Il mondo dell’animazione giapponese, a guardarlo oggi, risulta quasi impossibile scinderlo dalle due grandi personalità che lo hanno reso unico. Hayao Miyazaki ed Isao Takahata, i nomi dei quali fanno rima con Ghibli, dal nome dello studio di animazione da essi stesso creato e dalla cui fucina sono usciti capolavori assoluti come Totoro, La città incantata, Una tomba per le lucciole e chi più ne ha più ne metta. Ma questo è ciò che è avvenuto dopo una gestazione nella quale ognuna delle personalità del duo ha percorso la propria strada e se, alcuni mesi fa, trattammo dell’opera prima del Maestro Myazaki, oggi è la volta di volgere le sguardo verso Takahata ed il suo primo passo alla regia.
E’ il 1968 e Takahata, con la produzione della Toei Animation, presenta il suo Il segreto della spada del sole (come sarebbe dovuto essere traducendo letteralmente e non affidandosi alla versionizzazione demente e fuorviante di matrice italica, che l’ha tramutato in La grande avventura del piccolo principe Valiant). La storia è abbastanza lontana dai canoni Ghibli, molto più vicina alla classicità dei temi della animazione nipponica, un essere malvagio, un ragazzino coraggioso ed ardimentoso, i suoi legami familiari recisi troppo presto ed il destino che pare mettergli i bastoni fra le ruote ogni qual volta le cose paiono andare per il verso giusto. Le varianti sul tema sono quasi tutte qui, e Takahata dimostra di saper creare una certa tensione, mixata con una trama che, per quanto lineare e basica (e che presuppone una tacita accettazione degli eventi, senza farsi troppe domande sul perché ed il per come), si lascia seguire senza annoiare.
Il protagonista della vicenda è Hols, il villaggio del quale è stato distrutto anni prima dal malvagio Grunwald, molto tempo dopo, a seguito di un attacco di lupi dal quale si salverà solo con l’aiuto del gigante di roccia Mog, troverà una preziosa spada che lo aiuterà in diverse occasioni. A seguito della morte del padre, che in punto di morte gli rivela di averlo portato in salvo da morte certa durante la distruzione del loro villaggio, fugge in cerca di una nuova dimora. La troverà, ma il passato ci raggiunge sempre e le vicende si evolveranno in un continuo botta e risposta fra l’eroe ed il malvagio Grunwald.
Il segreto della spada del sole potrà lasciare alquanto interdetti chiunque si avvicini ad esso ricercando i tratti distintivi dello Studio Ghibli, è un film che ci mostra però la formazione di un modo di intendere l’animazione che, nonostante tutto, tornerà, rinnovata e rivisitata, nelle opere che verranno. Qualcosa di molto simile all’approccio di un allievo che, per prima cosa, dimostra al proprio maestro di saper fare per bene ciò che egli gli ha insegnato e solo dopo potrà sparigliare le carte, contraddistinguersi, lasciare la propria impronta, il proprio marchio. Simpatico infine constatare come, vista la presenza di Myazaki nella realizzazione (principalmente lavorò sui fondali), quasi certamente alcune delle caratteristiche di Hols il nostro buon Hayao le trasmise al suo epigono Conan, il ragazzo del futuro con cui siamo cresciuti e che ricordiamo sempre con affetto.
Marcello Papaleo
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