Era il 1990… esordio alla regia per Kevin Costner

Balla coi lupi rappresenta l’esordio alla regia per Kevin Costner, fino a quel momento conosciuto solo come attore.

Agli inizi dei ’90 il cinema americano parve scoprire che il genere “fondatore e fondante” della propria storia potesse (e dovesse) raccontare l’altro lato della medaglia, l’invasore bianco, predatore ed usurpatore, violento e senza scrupolo alcuno. Kevin Costner, fino a quel momento solo attore in levare (nel 1985 Fandango lo aveva lanciato nel firmamento hollywoodiano), creò e diresse Balla coi Lupi, un film western classico, di frontiera, diretto con un gusto spiccato per l’inquadratura e riecheggiante drammoni come I cancelli del cielo di Michael Cimino.

Durante la guerra di secessione, nell’anno 1864 il tenente John Dunbar (interpretato dallo stesso Costner), dopo un atto eroico chiede di essere trasferito in un avamposto militare posizionato nel confine a ovest. Il suo desiderio è quello di “vedere la frontiera prima che scompaia”. Giunto sul posto troverà il luogo abbandonato ed egli sarà l’ultimo baluardo ad aspettare l’arrivo dei militari. Ma i soldati tardano ad arrivare e tutte le sue attenzioni si concentrano su un cavallo, un lupo e un diario. Fino a quando incontrerà una tribù di Sioux…

Balla coi lupi è un film sul lento sfacelo al quale furono sottoposti gli Indiani d’America. Indaga sulla sete di conquista che non conosce sazietà del “bianco”, la sua totale mancanza di rispetto per le tradizioni, la sua ritrosia al gustare lo scorrere del tempo, in una ricerca spasmodica della frenesia. Un modo di vivere nel quale colui che cerca la solitudine, il silenzio, il pensiero dentro e attorno se stesso è visto come elemento pericoloso, diverso, che non accetta regole e schemi e, quindi, sacrificabile, altro, nemico alla stregua di quei pelle rossa che sono selvaggi e poco altro.

John Dumbar è alla ricerca di se stesso, si trova nella solitudine, nei silenzi e negli occhi di una Sioux, nell’amicizia silenziosa con un lupo (il famoso Due Calzini) che per lungo tempo è l’unico compagno nell’avamposto abbandonato. E nell’incedere affascinante ed impetuoso del film, scorgiamo i misteri che regolano una vita intera. C’è l’amicizia, c’è l’amore, il tradimento di un modo di vivere che non si accetta e non si comprende. C’è un mondo nel quale sentirsi, finalmente, se stessi, accanto a coloro che a detta del resto del mondo dovrebbero volerlo morto ed invece sono quanto più vicino all’idea di eden.

Marcello Papaleo

 

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