Fratelli di miseria, quelli della Bolivia di Brothers of mine

Esistono luoghi in cui è normale diventare minatori a 6 anni.

I fratelli del titolo di questo documentario sono Jorge e Alex, due ragazzi cresciuti insieme, che il regista ha conosciuto nel 2005 e iniziato a riprendere le loro vite quando avevano rispettivamente otto e cinque anni, e per dare il loro necessario contributo al sostentamento di famiglie in condizioni poverissime, già lavoravano quotidianamente alla ricerca di stagno e zinco, nelle miniere di Llallagua, in Bolivia.
Queste ultime derivano da un enorme deposito minerario, del quale il domino spagnolo ha goduto per secoli, sfruttando il lavoro schiavizzante e pericolosissimo degli indigeni, per la maggior parte di origine indiana, che sono morti a migliaia, se non a causa delle esplosioni di dinamite o di incidenti sul lavoro in contesti in cui erano costretti a strisciare all’interno di cunicoli pieni di polvere per raggiungere i livelli più bassi, senza alcun dispositivo di protezione, a causa della silicosi, che in anni di esposizione alle polveri, spessissimo colpiva i polmoni provati di questi individui; come è accaduto al padre di Alex, morto di silicosi quando lui aveva pochissimi anni di età, evento che lo ha costretto a seguirne le orme, rischiando fortemente la stessa sorte, per poter sfamare i suoi cari, insieme alla madre rimasta sola.

Ci catapulta in una realtà ben lontana dalla nostra quindi, Rodrigo Vasquez, nella quale è normale vedere bambini di 5-6anni alzarsi alle tre del mattino per andare a lavorare in miniera o trasportare sacchi pesantissimi contenenti metalli.
Una realtà nella quale, sin da piccolissimi, si è praticamente condannati a una vita di sforzi, di miserie e di indigenza, senza alcuna via di sbocco.
All’età di circa 16 anni uno dei due ragazzi, Jeorge, che vive in condizioni economiche meno disperate rispetto all’amico, in seguito a una visita medica in cui gli viene intimato di lasciare il lavoro immediatamente dato l’alto rischio di silicosi, riesce ad affrancarsi dalle sorti che la vita pareva avergli riservato, e si arruola nella polizia, separandosi così da Alex, che invece, non solo non smette di lavorare in miniera nonostante i pericoli per la sua salute e per quanto siano insistenti i reiterati tentativi dell’amico di convincerlo, ma un certo punto il destino sembra accanirsi contro di lui, e seguendo la legge non scritta secondo la quale piove sempre sul bagnato, viene accusato di omicidio e paga le spese di un sistema giudiziario lento e ingiusto, che non ha nessun interesse a salvaguardare il benessere e la libertà di disperati e dimenticati dal mondo come lui.

Così, in un paese dove è stato stimato che su 8000 minatori, il 10% ha meno di 18 anni di età, non vi è alcun interesse o volontà politica che si occupi del problema, che lo riconosca tale e che cerchi di trovare una qualsiasi soluzione.

Le vite dei due ragazzi, che restano legate da un profondo legame, si dividono quindi tristemente anche dal punto di vista legale, e mentre uno dei due rappresenta l’ordine e la legalità, l’altro si ritrova a sopravvivere dall’altra parte della barricata, entrando e uscendo dal carcere, vittima in balia del potere e aggrappato insieme alla famiglia e all’amico stesso, che dalla sua posizione prova in tutti i modi ad aiutarlo, alla forte quanto esigua speranza che prima o poi vi sia il riconoscimento di evidenze che ne determinino la liberazione; prove mai ricercate con troppa convinzione dalle istituzioni, che forse non emergeranno mai.

Rodrigo Vazquez ha dedicato la sua carriera prevalentemente a lavori di impegno sociale.
Classe 1969, argentino, dopo aver studiato cinema e aver ottenuto due lauree in regia e in produzione nel suo paese, si è trasferito in Gran Bretagna, dove ha studiato alla National Film & Tv School Documentary Direction Département, dalla quale è uscito con due corti che hanno ricevuto numerosi premi, per poi iniziare nel 1998 a lavorare in televisione per la BBC, e più tardi per AL Jazzera.
Ha proseguito lo sviluppo del suo lavoro come produttore, direttore e cameraman, lavorando in zone di guerra che lo hanno portato dall’America Centrale al Medio Oriente, ottenendo ancora diversi riconoscimenti.
Approda finalmente al cinema con il documentario “Condor: Axis of Evil”, presentato e premiato nel 2003 al Festival di Cannes e uscito nelle sale in Francia e in Inghilterra.

Brothers of mine è la rielaborazione di un documentario titolato Child miners del 2009, prodotto dalla Bethnam, casa di produzione da lui fondata nel 2005, e vincitore del Gran Premio nel Festival dei Diritti Umani di Montreal, lavoro in cui Vazquez iniziava a seguire le vite dei due ragazzi, che ha poi continuato a seguire regolarmente negli anni fino a ottenere materiale sufficiente da sviluppare e ottenere questo come prodotto finale.

Questo lavoro rappresenta la valida e toccante testimonianza delle tristi condizioni di vita dei minatori boliviani e delle loro famiglie. Probabilmente un po’ grossolano nella fattura e non eccessivamente curato, ma certamente efficace.
Vale la pena riservarli una visione.

Roberta Girau

 

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