Full Monty in salsa rosa: “Pane e Burlesque”

Nelle sale l’esordio alla regia di Manuela Tempesta tra traumi passati, Italia bigotta (e in crisi) e seduzione

Da consumati detective con tanto di mozzicone in bocca e cappello calato sugli occhi analizziamo due elementi: Dita Voon Teese e la cassa integrazione. Se due indizi non fanno una prova, figurarsi allora due termini così distanti. Cosa accomuna la leggenda del burlesque (e dai gusti pane_e_burlesque_posteramorosi discutibili) e una pratica italiana tristemente attuale? Ce lo racconta Manuela Tempesta nel suo esordio alla regia con Pane e Burlesque. Un titolo caldo, che se da un lato lascia poco spazio all’immaginazione per quel che riguarda la sfera dell’eros, dall’altro pone un singolare interrogativo sul termine “pane”. Assurge a denotazione tutta italiana dello spettacolo in questione ? Un po’ come lo “spaghetti” accanto al western? Oppure è quel pane che tante famiglie italiane stentano a portare a casa a fine mese?.

“Pane e Burlesque” gioca con i generi cinematografici e con l’universo femminile, riscoperto e rivendicato con forza attraverso le storie incrociate di donne tutte diverse tra loro per aspetto e conformazione, ma unite dalla voglia tremenda di riscatto.

Accade in un paesino del sud Italia, che versa in cattive acque causa la chiusura della principale fabbrica di ceramiche Bontempi (che una volta, negli spot anni 80, faceva anche le tastiere), fulcro lavorativo per tanti cittadini. A farne le spese anche la merceria di Vincenzo (Edoardo Leo) e Matilde (Laura Chiatti) alle prese con un mutuo da pagare. A scombussolare il placido e bigotto paesino ci pensa Giuliana (Sabrina Impacciatore), figlia del vecchio imprenditore Bontempi, che ora si fa chiamare Mimì La Petite ed è una consumata diva del burlesque. Assieme alle sue “Dyvettes”, Giuliana giunge in paese per vendere la fabbrica e intraprendere una tournée  in giro per l’Italia. Ma non ha fatto i conti con le sue artiste un po’ truffaldine. Spalle al muro e con una serie di date già vendute, la sciantosa Mimì sarà costretta a reclutare nuove ragazze…

Full (Mari e) Monty. Chiamatelo “spaghetti-burlesque” o “Full Montyde’noantri in salsa rosa. Fatto sta che il primo lungometraggio di Manuela Tempesta è una gradevole commedia (quasi) tutta rosa che combatte la crisi con lingerie e paillettes anziché con le smart drugs degli accademici di “Smetto Quando Voglio” (altro brillante esordio). Nel corso del film si passa da momenti esilaranti a una forte connotazione social e drammatica (la disoccupazione e i debiti) fino ad una velata rivendicazione del “potere alle donne” in un paesino sperduto del sud Italia, ancorato a tradizioni superate e ad anacronistici clichè, come quello che non vede di buon occhio la donna che lavora e il marito disoccupato.

pane_e_burlesquePane e Burlesque è la riscoperta della femminilità e allo stesso tempo la valorizzazione della fragilità dell’essere donna. Con abili strizzate d’occhio al geniale “Full Monty” e, se vogliamo, anche a “Malèna”, porta sul grande schermo il circo inebriante e sexy del burlesque, universo vintage e dannatamente fashion che gioca sulla seduzione e sulla forza dell’immaginazione, sul vedo/non vedo. Per farlo si affida ad un’attrice da una dirompente vis comica come Sabrina Impacciatore, che col suo francese maccheronico e i suoi modi da diva anni ‘30 trova anche il tempo di commuovere, alle prese con un passato da dimenticare e un “viale del tramonto” del proprio alter ego Mimì La Petite, fatto di lacrime e rifiuto dell’incessante scorrere del tempo che sperimentò anche Norma Desmond (ndr).

Accanto alla Impacciatore troviamo Laura Chiatti, che da brutto anatroccolo troverà la determinazione per trasformarsi in un’affascinante burlesque girl (impresa non così ardua), l’esuberante e attira sguardi Giovanna Rei, barista col sogno americano, e la casalinga disperata Michela Andreozzi, desiderosa di ricomporre l’idillio famigliare perduto.

Leo d’Italia. E i maschietti? Tranquille donne, a impreziosire il cast uno che di crisi se ne intende: Edoardo Leo, che sui lavori precari e modi di sbarcare il lunario ha costruito l’ultimo anno di carriera . Qui più che con la crisi, ha il suo bel da fare con il dialetto pugliese e con un paio di baffi, assicurando sempre una buona dose di humour e impreziosendo un cast che comprende anche Caterina Guzzanti.

Un film, quello della Tempesta, donna-centrico ma senza eccessivi fondamentalismi, metafora della forza di volontà femminile e del rimboccarsi le maniche, tutto filtrato dagli occhi delle donne.

Già, le donne. Quelle che “negli occhi hanno dei consigli, e tanta voglia di avventure”, e magari anche un corpetto e delle autoreggenti. Perché il pane, oltre che con il burlesque, è buono pure con lo “Zucchero”.

Emanuele Zambon

 

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