Hostiles: un western che non delude

Recensione in anteprima del film di apertura della 12esima Festa del Cinema di Roma, un western di Scott Cooper che cita John Ford ma vuole far riflettere lo spettatore sulla situazione attuale Americana e non solo.

Scott Cooper, nel presentare a Roma il suo ultimo film, Hostiles, si è definito un ottimista.
Probabile che sia vero, anche se nei suoi film tutto questo ottimismo non appare, vista la tanta morte e violenza che li caratterizzano, e anche questo suo western non è da meno, dato che comincia con una famiglia di pionieri massacrata da un gruppo di Comanche.
Non fai in tempo ad asciugarti le lacrime per la terribile sorte capitata al marito e ai figli di Rosalie Quaid (Rosamund Pike) che ecco apparire altra violenza, stavolta nei confronti dei nativi americani.
Siamo nel 1892. Due anni prima c’è stato il massacro di Wounded Knee, e il governo americano ha ridotto tutti i popoli nativi sopravvissuti nelle riserve, o in catene. Nessuna intenzione di rimediare ai gravi errori del recente passato, ma ogni tanto salvare le apparenze di fronte alla stampa quello non guasta mai.
Per questo viene deciso di liberare il vecchio capo Cheyenne Falco Giallo (Wes Studi) per permettergli di tornare alla Valle degli Orsi, sua terra natia, in modo da morire in pace visto che il cancro lo sta pian piano portando via.
Ma anche se gli Indiani sono stati sconfitti, qualche focolaio di ribelli esiste ancora, e per questo c’è bisogno di una scorta per Falco Giallo e la sua famiglia, e ad occuparsene sarà il Capitano Joseph J. Blocker (Christian Bale). O meglio, costretto ad occuparsene, il suo odio nei confronti dei pellerossa rivaleggia con quello del Generale Custer, ma è ormai prossimo alla pensione e non può dunque rifiutare.
Lungo la strada incontrerà la povera Rosalie, ridotta a uno stato di shock per cui non può non essere aiutata, e tanti pericoli per lui e la sua compagnia. Un viaggio duro e sanguinoso che cambierà per sempre non solo questo duro militare, ma tutti coloro che ne faranno parte.

Tra tutti i generi che hanno reso grande il cinema classico americano il Western è forse quello più difficile da rievocare soprattutto ripensando alle atmosfere create grazie al bianco e nero, al technicolor, e uno stile narrativo davvero unico nel suo genere. Forse per questo oggi Western se ne vedono pochi anche se, quando appaiono, molto spesso riescono ad ottenere qualche statuetta durante la notte degli Oscar, forse proprio per premiare questi registi coraggiosi. E Scott Cooper si può certamente definire tra questi.
Il suo Hostiles non si può paragonare ai capolavori di John Ford, e lo stesso si può dire dei suoi colleghi Tarantino ed Inarritu, ma intanto cita il maestro in almeno due occasioni.
Ci sono molti elementi che ricordano “Il grande sentiero”, il suo ultimo western, per il tema del ritorno degli Indiani alla terra natia dopo anni di prigionia, e anche il suo più grande capolavoro, “Sentieri selvaggi”. Non solo abbiamo i Comanche come principali antagonisti, ma la scena in cui Rosamund Pike spara a ripetizione sul cadavere dell’indiano sembra imitare in tutto e per tutto John Wayne.
Se l’indimenticata icona del vecchio west cinematografico rigettava su quel corpo inerme tutto l’odio per i Comanche, la povera signora Quaid ci aggiunge anche tanta disperazione.
Forse la scena più forte di tutto il film che mostra, o meglio, fa sentire al pubblico tutto il grande lavoro del montaggio sonoro, che si spera venga riconosciuto durante la prossima settimana Oscar. E chissà se ci sarà posto anche per le altre categorie.

Tutto il cast si è rivelato all’altezza della situazione, nessuno escluso, ma naturalmente i protagonisti hanno dato quel qualcosa in più.
Abbiamo già detto tanto delle scene in cui il personaggio di Rosamund Pike riesce a far emozionare e commuovere lo spettatore. Rosalie affronta una crescita personale sulla quale non si può restare indifferenti, e lo stesso si può dire di Bale.
Il Capitano sta spesso in silenzio, ma anche in quel momento sta parlando, esprime il suo tormento interiore, vede progressivamente cambiare il suo punto di vista, diventa una persona più onesta.
Hostiles può essere considerato come uno dei tanti western revisionisti, ma non lo è davvero, per diversi motivi.
Innanzitutto già dal 1950 (e non dal 1970 con Soldato Blu) con “L’amante indiana” il canovaccio “l’unico indiano buono è un indiano morto” era stato cominciato ad essere accantonato, quindi l’America ha ammesso da tempo, almeno col cinema, i suoi errori, mentre lo stesso non si può dire nella realtà, come confermano le ultime decisioni di Trump e la condizione generale dei nativi americani oggi, ribadita anche da Wes Studi in conferenza stampa.
Hostiles non è un film di parte, perché ci mostra pellerossa e bianchi sullo stesso piano, facendoci commuovere in entrambe le situazioni di violenza. Ci sono uomini buoni e crudeli in entrambe le etnie, perciò non bisogna dare ragione a chi ha fatto meno morti, o a chi cominciato prima, ma cercare di rimediare, di vivere in pace, di credere nell’inclusione. È questo l’ottimismo che Scott Cooper proverà a trasmettere a tutto il mondo che andrà a vederlo.

Abbiamo detto di Bale e Pike che non dovrebbero essere dimenticati dalle nomination di Hollywood, e allo stesso tempo non si dovrebbe ignorare neanche Wes Studi, uno degli attori più iconici per il ruolo del nativo americano e non solo a Hollywood, e che anche in Hostiles riesce a trasmettere emozioni anche solo lo sguardo.
Un “cast indiano” decisamente straordinario che oltre a lui vede anche Q’orianka Kilcher (Pocahontas in The New World) e Adam Beach (Slipknot in Suicide Squad) mentre quello “bianco” vede attori che hanno già lavorato con Cooper come Jesse Plemons, Rory Cochrane e Bill Camp, oltre a una guest star, il cantautore country Ryan Bingham.

Per chi non ha potuto assistere alle proiezioni per il pubblico della 12esima Festa del Cinema di Roma, Hostiles arriverà nei cinema Italiani molto probabilmente nel 2018.

Valerio Brandi

 

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