Una panoramica notturna sul centro finanziario di Francoforte. Dall’alto i grattacieli illuminati a giorno svettano spietati sul resto della città. Ci avviciniamo alle miriadi di finestre brillanti e nella cornice di luce che emanano vediamo muoversi piccole silhouette solitarie. Dentro gli uffici, appoggiati a scrivanie ingombre di carte e monitor fluorescenti, qualcuno sta ancora lavorando. Non sono semplici impiegati, ma manager o statisti, broker o consulenti legali, sono i “demoni della finanza”. Uomini e donne abituati a gestire centinaia di milioni di euro al giorno, A prendere decisioni in un battito di ciglia. Master of the Universe di Marc Bauder ci porta all’interno del loro regno, grazie alla testimonianza di Rainer Voss, ex banchiere protagonista del documentario. All’interno di un edificio abbandonato della city tedesca, Bauder interroga Voss che con diligenza e precisione prova a raccontare cosa ha visto durante la sua carriera.
Il 14 di dicembre sono stati consegnati i premi EFA 2014 (European Film Awards) e Master of the Universe è stato eletto Miglior film documentario. Abbiamo intervistato Bauder pochi giorni dopo la cerimonia.
Come ha conosciuto Rainer Voss?
“Affinché il documentario risultasse attendibile cercavo la testimonianza di una persona interna all’ambiente, diversamente l’indagine sarebbe stata sottovalutata. Un amico, un politico greco, mi ha presentato Voss, il suo consulente finanziario di fiducia. È stata una fortuna che tra loro non ci fossero legami diretti perché altrimenti non l’avrei coinvolto. Non potevo rischiare che le sue dichiarazioni mettessero il mio contatto in difficoltà.”
Perché ha scelto proprio lui?
“L’ho incontrato una settimana dopo la nostra prima telefonata. Ho capito subito che sarebbe stato “il mio uomo”, pronto a raggiungere il cuore della questione. Voss non ha mai avuto paura di collaborare, nonostante a quel tempo lavorasse ancora per una banca e il silenzio fosse una regola non scritta a cui tutti si attenevano. Era determinato.”
Il film non racconta le motivazioni di Voss, cosa l’ha spinto a “parlare”?
“Il mondo della finanza è così piccolo che si conoscono tutti e quando inizi a fare dichiarazioni sei estromesso dalla “famiglia”. Possiamo intuire che il momento di rottura di Voss sia stato il suo primo licenziamento. Se fosse restato all’interno del sistema non avrebbe mai avuto nemmeno il tempo di prendere in considerazione la mia proposta. I broker lavorano oltre 14 ore al giorno, non riposano e non hanno dubbi, non possono permetterseli.”
Master of the Universe è diviso in due parti, nella prima Voss racconta parte della sua vita, nella seconda si concentra sulla finanza.
“Nessuno si sarebbe fidato di uno sconosciuto. Per cogliere l’importanza delle rivelazioni di Voss era necessario conoscerlo e capire il suo ruolo all’interno delle banche. Scoprire come ha iniziato, come ha fatto carriera, come è stato assorbito e trasformato dall’industria. Se avessi riportato subito le informazioni tecniche con cui si chiude il film, non sarebbe stato convincente.”
Come ha scelto la location?
“Non avevo in mente un film biografico, ma una sorta di psico dramma dell’industria finanziaria. Per questo anche se si tratta di una vicenda personale volevamo spersonalizzare il racconto. Al contempo cercavo uno scenario che mantenesse il legame con l’ambiente della finanza. Un giorno prima che iniziassero le riprese abbiamo trovato una banca vuota nel centro finanziario di Francoforte. Mi piaceva l’idea che Voss raccontasse la sua storia mentre camminava nel suo passato, dando al pubblico la possibilità di ricreare l’ambiente per proprio conto.”
Quale ruolo ha il vuoto dell’edificio?
“Mentre Voss passeggia per il palazzo descrive com’erano gli ambienti quando funzionavano a pieno regime. Il vuoto avvicina alla comprensione dei meccanismi del sistema e delle personalità che ne fanno parte, al di là del caso specifico. Quando Voss ricrea l’atmosfera della stanza contrattazioni tutti riusciamo a immaginare come fosse. Vediamo gli uomini che urlano al telefono, i monitor con i numeri che scorrono, i fogli sparsi ovunque. Non c’è bisogno di mostrarli sono già lì.”
Ci racconta in che modo ha organizzato le riprese?
“Abbiamo girato in tre sessioni, ognuna di circa 5 o 6 giornate, con cadenza bimestrale. Ho montato il materiale filmato alla fine di ogni seduta perché avevo bisogno di riordinare subito quel che emergeva dagli incontri, capire in che direzione si muoveva la conversazione e preparare la parte successiva. A riprese finite ho inserito alcuni video di repertorio per rendere più chiaro il contesto del discorso.”
Voss ha posto dei veti in fase di montaggio?
“No. Abbiamo preso accordi preliminari sanciti con un contratto. Voss aveva facoltà di interrompere le riprese in qualsiasi momento, altrimenti tutte le informazioni raccolte sarebbero state utilizzabili, e c’è una scena in cui questo accade. Allo stesso tempo io mi sono impegnato a non fare i nomi delle banche e dei colleghi citati. Ma soprattutto è stato un rapporto regolato dalla fiducia reciproca, anche io avrei potuto avere delle remore: un buon avvocato trova sempre il modo di censurare un film [ride].”
Cosa si aspetta Master of the Universe dal pubblico?
“Il film invita all’azione. Dobbiamo cercare di capire, pretendere la trasparenza e contestare! Il mondo della finanza si nasconde, ma non è irraggiungibile e la disinformazione gioca a suo favore. Tutti possiamo fare qualcosa come scegliere a quale tipo di banca affidare i nostri soldi o esprimere attraverso un voto consapevole le nostre opinioni. La crisi non è superata né tanto meno risolvibile. Dobbiamo cambiare le regole. E la colonna sonora muove con questa intenzione. Parte con la musica classica, corale e tragica però finisce con un brano elettronico, dinamico e concitato.”
Ci parla del suo prossimo lavoro, The Mentor?
“È un’opera di finzione in cui analizzo la psicologia delle persone che vivono nel mondo della finanza. Muove da un dato di fatto, l’aumento dei suicidi tra gli esponenti della classe dirigente bancaria, per indagare quanto il sistema manipoli i suoi membri. (Lo scorso anno si sono tolte la vita più di 50 persone). Mi sono chiesto come potesse reagire un manager una volta realizzate le conseguenze delle sue azioni. In futuro forse cercherò cosa può indurlo a riconsiderare la sua vita.”
Un film documentario e uno di fiction. In che modo sceglie la forma del racconto?
“Si tratta di trovare il giusto mezzo. In Master of the Universe era importante partire dalla realtà per convincere lo spettatore che lo scenario dipinto fosse autentico. In The Mentor concentro diverse testimonianze in una sola narrazione, per considerare il fenomeno da tutte le prospettive.”
Zelia Zbogar
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