I Vichinghi: la vendetta degli Uomini del Nord

In attesa di “Cold” di Eoin Macken, primo film da protagonista per Tom Hopper, nei panni di un leader vichingo carismatico e leale

Hanno imperversato per oltre trecento anni in Europa, Asia e Africa, sono stati i primi europei ad approdare in America (ma non a scoprirla), la loro storia ha ispirato miti e leggende per secoli, e continua a farlo oggi grazie al cinema. Il titolo di questi film, o serie tv, è più o meno sempre lo stesso. La differenza, dunque, la fanno i protagonisti.

Come Tom Hopper, che in “Northmen-A Viking saga” interpreta Asbjorn, leader di un gruppo di Vichinghi esiliati dal loro villaggio, e naufragati in Scozia.
Costretti fin da subito a difendersi dagli eserciti locali, sperano di utilizzare la cattura della principessa Inghean (Charlie Murphy) come salvacondotto per raggiungere incolumi gli insediamenti vichinghi a sud della Gran Bretagna. Non è di questo parere il padre della principessa, Re Dunchaid (Danny Keogh) che pur di non apparire debole di fronte al suo popolo e ai suoi nemici decide di non cedere ai ricatti, e manda addirittura una banda di mercenari ad uccidere tutti quanti, figlia compresa.

Mercenari sanguinari chiamati Lupi, con elmi a forma di teschio che tanto ricordano gli “immortali” in “300”, e guidati dallo spietato Hjorr (Ed Skrein, famoso per aver interpretato Daario Naharis nella terza stagione del Trono di Spade) e da suo fratello Bovarr (Anatole Taubman, “Capitan America-Il primo vendicatore” e “La papessa”), meno violento ma più stratega.

Ma i Vichinghi non sono soli. In loro aiuto occorre il monaco Conall (Ryan Kwanten, “True Blood”), che per sopravvivere in questi luoghi tenebrosi ha abbandonato da tempo la regola cristiana “porgi l’altra guancia”, adottando uno stile di lotta molto simile a quello dei suoi “colleghi” Shaolin.

Sembrerebbe dunque un film già visto e rivisto, una versione nordica di “Centurion” o “King Arthur”, e quindi da bocciare.
Però, come già detto, sono i protagonisti a fare la differenza.

Su tutti Tom Hopper. Nonostante i 196 cm di altezza e i possenti muscoli delle braccia, rimane lo stesso gigante dal cuore tenero, e dallo sguardo da bambino, che abbiamo già visto in Sir Percival nella serie tv Merlin.
Dopo di lui i personaggi più affascinanti sono Hjorr e Jorund (Leo Gregory). Il primo rappresenta il male, stereotipandolo come il classico super-uomo indistruttibile da film americani (con lui il regista Claudio Fäh si è lasciato prendere la mano), l’altro sembra la mela marcia del gruppo, e questo dubbio rimarrà fino alla fine. Nel cast presente anche Johan Hegg, cantante del gruppo Death metal degli “Amon Amarth”. Una vita passata a fare il vichingo sul palcoscenico, tra canzoni e birre bevute dentro il tipico corno, oltre che nell’aspetto fisico, per arrivare ad esserlo per la prima volta sul grande schermo.

Ottima la scelta della location, non la piovosa Scozia ma l’ancor selvaggio Sud Africa, in grado di offrire foreste misteriose, cascate ripide e le imponenti scogliere del Capo di Buona Speranza.

Buoni anche i costumi, ispirati alla perfezione all’epopea vichinga (senza dunque gli elmi con le corna, uno dei falsi storici meno conosciuti ancora oggi), e anche ai personaggi, soprattutto per Tom Hopper, che come in Merlin mantiene le braccia scoperte per evidenziarne tutta la forza.

Altra cosa per cui non bisogna considerare “Northmen” un film banale è che Claudio Fäh non mette in evidenza la storia d’amore tra Asbjorn e Inghean, ma la lascia ai margini, senza dunque trasformare un film d’azione in una classica love story.

A parte qualche sequenza esagerata, i combattimenti sono emozionanti e realistici, con armi e tecniche dell’epoca (come quella dello scoccare una freccia quando la prima non è ancora arriva a destinazione), e senza l’utilizzo del rallentatore trasportano lo spettatore in un fiume di adrenalina, con qualche lacrima di commozione, dall’inizio alla fine del film.

I Vichinghi sarà nelle sale italiane a partire da giovedì 27 novembre 2014.

Valerio Brandi

 

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