Quante ingiustizie, quanti crimini, quanti morti avvenuti per via della Seconda Guerra Mondiale devono ancora essere raccontati, e ricordati, affinché in futuro non succedano più cose del genere?
Forse non finirà mai perché la pace nel mondo sembra sempre di più un’utopia, ma c’è chi continua a provare a migliorare le cose.
Come Martin Zandvliet, regista danese di 44 anni, che ha già diretto sette film, e uno degli ultimi, “Land of Mine” è qualcosa di veramente eccezionale.
Una storia molto sconosciuta, anche da chi da una vita studia il secondo conflitto mondiale, visto che neanche nelle scuole Danesi viene mai raccontata.
Da un articolo, Zandvliet e il suo produttore Mikael Chr. Rieks sono arrivati a scoprirla, e hanno deciso di raccontarla a tutto il mondo attraverso il cinema.
Loro sono Danesi, il film attacca la loro patria, ma questo per loro non è un problema.
Perché non credono nella violenza, nella vendetta, e allo stesso modo lo pensa Roland Møller, l’attore protagonista, che alla conferenza stampa della Festa del Cinema di Roma (insieme a Rieks) ha affermato
<<Se continuiamo a fare occhio per occhio e dente per dente finiremo tutti senza occhi e denti>> e in più <<Se io mi rifiuto di aiutare gli altri, che razza di persona divento?>>
Quest’ultimo un riferimento non troppo velato alla questione attuale dei profughi di guerra, e una critica al governo di destra danese che vuole adottare una politica di repulsione nei confronti di queste persone.
Il suo personaggio è il Sergente Carl, duro soldato Danese bramoso di vendetta verso ogni Nazista, dopo i 5 anni di invasione subiti dal Terzo Reich.
Finita la guerra, il suo compito è rendere sicure le spiagge danesi. I Tedeschi si aspettavano lo sbarco alleato in Danimarca data la sua vicinanza nei confronti di Berlino.
Lo sbarco in Normandia ha fatto sì che oltre due milioni di mine sparse lungo la costa siano dunque rimaste inutilizzate, e per disinnescarle vengono usati prigionieri Nazisti. Una cosa contraria a tutte le convenzioni di Ginevra, ma il governo Danese riesce ad ingannare il protocollo facendo passare i prigionieri come volontari, così più di 2000 Tedeschi, quasi tutti ragazzini, vengono obbligati a cercare sotto la sabbia le pericolose mine antiuomo e anticarro.
Perché le loro vite per i danesi non valgono nulla, e il Sergente Carl può dunque cominciare la sua vendetta contro questi ragazzi impauriti.
Ma sono davvero pochi gli uomini che non hanno sentimenti, sensibilità, che non sanno provare compassione. Così pian piano il Sergente comincia a vederli con occhi migliori, anche se l’imprevisto è sempre in agguato, d’altronde stanno tutti camminando su un campo minato…
Il film di Zandvliet è una storia vera raccontata nella maniera più forte possibile.
L’ansia assale lo spettatore fin dal primo minuto, come se fosse anche lui con le mani nella sabbia, sperando che quell’ordigno non gli esploda tra le mani.
Una grande drammaticità addolcita da grandi scenografie di panorami balneari, deserti e quasi incontaminati, un gran colpo d’occhio che ti fa seguire meglio la storia, come ha infatti affermato il produttore Rieks.
Roland Møller si è invece calato fin troppo nella parte. Molti dei ragazzini nel ruolo dei tedeschi erano alle prime armi, e pensavano che fare questo film fosse un gioco, e di trovarsi in una vacanza pagata. Così ha assunto il suo ruolo da insegnante anche durante le riprese, arrivando ad urlargli in faccia più di una volta.
La “truppa” ha poi recepito il messaggio, e i risultati li potranno tutti ammirare in sala, anche in Italia.
Perché questo film non vedrà solo il buio delle sale della Festa del Cinema di Roma.
Guglielmo Marchetti, distributore della Notorius Pictures, ha confermato che presto verrà distribuito in larga scala anche nel resto del Paese, per insegnare alle nuove generazioni l’importanza del perdono e di quanto sia orrenda la guerra.
Valerio Brandi
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