Lo chiamavano Jeeg Robot: un supereroe romanesco

Recensione sull’opera prima di Gabriele Mainetti, che ispirandosi a un mecha giapponese crea il primo film sui supereroi Italiano

Film su supereroi?
Mentre in America sono la routine, vederli prodotti in Italia è sempre stata utopia.
Fino ad oggi, o meglio, fino a quando Gabriele Mainetti non ha deciso che come suo primo lungometraggio voleva realizzare non solo un film con un uomo dotato di superpoteri, ma addirittura ispirato a un manga/anime mecha giapponese. Si tratta di Lo chiamavano Jeeg Robot, un soggetto originale di Nicola Guaglianone e una sceneggiatura scritta da Guaglianone e Menotti. Dopo tre anni di lavorazione, è stato presentato alla decima edizione della Festa del Cinema di Roma, e la sinossi lasciava molti dubbi sul cosa avremmo effettivamente visto.

Un uomo si getta nel Tevere, viene contaminato (e fino a qui stiamo parlando di cose vere, purtroppo) e riceve una forza sovraumana. La sua non era una vita onesta, fa il ladro per sopravvivere, e prende questi poteri come benedizione per avere più successo. Finché non incontra Alessia, che crede che lui sia Hiroshi Shiba, cioè Jeeg Robot d’acciaio.
La prima impressione, almeno per il sottoscritto, e che questo film volesse un po’ ricordare Birdman.
Che i poteri di Enzo, interpretato da Claudio Santamaria, non fossero reali, che si stesse immaginando tutto, magari per via di un coma provocato dalle putride acque del fiume capitolino.
Niente di così filosofico, ma solo “ignoranza”, e questo termine stavolta non è negativo.
Lo chiamavano Jeeg Robot non è un vero e proprio film sull’eroe nato dalla penna di Gō Nagai, non riprende davvero la sua storia, ma lo omaggia nel migliore dei modi per noi italiani.

Ambientato nella parte più popolare di Roma, cioè Tor Bella Monaca, il dialetto romanesco, con annesse volgarità, fa da padrone, ma almeno stavolta sono situate in un contesto originale.
Enzo Jeeg Robot non è l’unico grande personaggio di questo film.
Ogni eroe ha il suo nemico da affrontare, e in questo caso è lo Zingaro, un piccolo leader di una gang criminale che vuole lasciare un segno nel mondo.
Interpretato da un eccezionale Luca Marinelli, questo personaggio si intreccia a sua volta con Alessia (Ilenia Pastorelli), una ragazza fragile mentalmente per via delle violenze subite dal padre, che per non soccombere si rifugia in un mondo tutto suo, in cui lei è una principessa che aspetta l’arrivo di Hiroshi Shiba a salvarla dal Ministro Amaso.
Quando vede la superforza e l’invulnerabilità di Enzo, che la protegge dalle violenze dello Zingaro, si affeziona a lui, scambiandolo proprio per Jeeg Robot d’acciaio.
Enzo, uomo chiuso in se stesso, inizialmente fa di tutto per allontanarla, ma col passare dei giorni lei comincia a portare un po’ di arcobaleno nella sua vita grigia, facendogli capire che da grandi poteri derivano grandi responsabilità, che è meglio usarli per salvare innocenti che per scassinare i bancomat.
Abbiamo dunque il nostro Jeeg Robot Italiano, e se il film avrà successo, magari vedremo un sequel.

In Italia probabilmente lo vedremo nella primavera del 2016, e sempre probabilmente sarà un film più per adulti che per giovani. Non solo perché coloro che guardavano Jeeg Robot nel 1979 sono ormai cresciuti, per il linguaggio volgare ma divertente, o qualche scena di violenza (ma se passa Tarantino questo non dovrebbe essere un problema, a detta del regista), ma soprattutto perché finalmente vediamo attori italiani con superpoteri, a cui i giovani possono ispirarsi.
Perché tutti noi abbiamo bisogno di un superuomo.
Se non è una divinità, anche il più ateo del mondo vorrebbe essere speciale per poter salvare l’umanità, o avere al proprio fianco un amico del genere che lo aiuti nei momenti di difficoltà.
Perciò…
Corri Enzo laggiù
vola tra lampi di blu
corri in aiuto di tutta la gente
dell’umanità!

Valerio Brandi

 

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