Ho incontrato Francesco Cordio una sera di settembre all’uscita dal cinema Beltrade di Milano. Il regista aveva appena presentato Lo Stato della follia, ITA 2013, il film che ha chiuso i manicomi criminali italiani. Gli spettatori nel cortile sono sgomenti. Questo documentario li ha trascinati in un abisso e prima di riaffiorare alla realtà hanno bisogno di trascorrere qualche minuto nella camera iperbarica della loro coscienza. Cordio ha seguito la commissione parlamentare di inchiesta che nel 2010 ha denunciato il degrado dei nostri ospedali psichiatrici giudiziari e nel film sono raccolte le immagini girate, senza preavviso, durante i sopralluoghi nelle strutture. Le stesse riprese erano state mostrate ai deputati del parlamento nel gennaio del 2012, quando la Commissione giustizia del Senato ha approvato all’unanimità la chiusura definitiva degli OPG entro il 31 marzo 2013. (Il termine del decreto è stato poi spostato al 31 marzo 2015). Il documentario ci accompagna all’interno di questi luoghi dimenticati dalle istituzioni ed è un viaggio all’indietro nel tempo fino agli inizi del ‘900. Oltre a essere fatiscenti, 5 dei 6 OPG italiani usano ancora la pratica della costrizione, sedano i detenuti con dosi eccessive di farmaci e sono sovraffollati. La narrazione si intreccia al racconto in prima persona di un attore, Luigi Rigoni, ex internato nel manicomio criminale di Aversa. Nella nostra chiacchierata siamo partiti da qui, da Lo Stato della follia, ma Cordio mi ha raccontato anche dell’altro.
Quale percorso l’ha portata a realizzare Lo Stato della follia?
Le riprese per la Commissione di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale risalgono al 2010. Ero stato chiamato perché Giorgio Napolitano voleva che l’orrore degli OPG fosse documentato con delle immagini da mostrare ai senatori e alla Camera dei Deputati. Ho seguito la commissione stessa e quello che ho visto mi ha scosso profondamente, per mesi non sono più riuscito a prendere sonno. Nel 2011 avevo già montato Ergastolo Bianco, un documentario per Presa Diretta, il programma di approfondimento giornalistico di Rai 3, ma ho sentito che era importante realizzare anche un lavoro più ampio ed entrare nelle sale. Volevo svelare questa realtà agghiacciante.
Il film ha incontrato delle resistenze in ambito politico?
No. Sono rimasto colpito anche io. Non c’è stata nessuna remora da parte delle Istituzioni, tutti i senatori di tutti i partiti erano favorevoli alla sua realizzazione. Più che altro ho ricevuto critiche da una certa psichiatria, ma vorrei evitare ulteriori polemiche. Ho incontrato qualche difficoltà anche a passarlo in TV perché nel 2013 il tema non era più considerato attuale. Quando ho iniziato a distribuire Lo Stato della follia nelle sale [e online tramite la piattaforma Own Air http://shop.ownair.it/documentario/c/603/lo-stato-della-follia-ita/p/20403/?Lang=it] lo stesso pubblico mi ha chiesto come mainon fosse stato trasmesso su Rai 3. Ho scritto di nuovo alla Rai, dovevano rispondere loro alla domanda, e alla fine è andato in onda lo scorso 2 luglio alle 23:50.
Ad oggi la chiusura definitiva degli OPG è prevista per il 30 aprile 2015. In attesa che questo avvenga è già cambiato qualcosa?
In parte si. Alcuni ospedali hanno provveduto ad adeguarsi alle norme igieniche e a implementare il personale sanitario. So anche che diversi detenuti intervenuti nel documentario sono riusciti a uscire e a trovare nuovi percorsi terapeutici. Il vero obbiettivo è quello di creare delle strutture sul territorio per prevenire l’internamento in OPG ed evitare l’uso routinario e superficiale del manicomio giudiziario. Mentre purtroppo non esiste ancora un termine preciso alla misura di internamento provvisoria che può essere prorogata illimitatamente a discrezione dei medici.
Com’è nata la collaborazione con l’attore Luigi Rigoni?
Accidentalmente, ho incontrato sua moglie al termine di una proiezione pubblica di Ergastolo Bianco. Quando me lo ha presentato è stato amore a prima vista, è un uomo cinico e distaccato quanto ironico e dirompente. Ho messo da parte un altro progetto e ho iniziato a lavorare con lui. Luigi non aveva mai raccontato né il motivo del suo internamento né i mesi in manicomio, ma ha avvertito che il film poteva essere un modo per abbandonare l’esperienza negativa. Per facilitare la catarsi dell’attore ho scelto di ambientare il suo racconto nel teatro ottocentesco di Todi, in Umbria. Le poltrone sono vuote, ma si riempiono al cinema.
Anche lei è stato un attore prima di diventare un regista, le manca il palcoscenico?
Il teatro è stato un grande innamoramento. Ero convinto che fosse il luogo ideale per comunicare con il pubblico e il mezzo con cui affrontare un dibattito politico e sociale. Quando ho scoperto la facilità e la velocità di divulgazione del video ho capito che mi stavo sbagliando. Inoltre fare teatro in Italia è un privilegio per pochi, serve una notevole copertura economica alle spalle. Non tornerò più indietro.
Il cinema documentario è sempre più apprezzato dal grande pubblico..
Si. Non si tratta di un genere, ma di un nuovo cinema del reale. Recentemente ho discusso di questa differenza anche con uno psichiatra [ride] e ci tengo a ribadire il concetto. Il documentario è un film e anzi ha una marcia in più rispetto alla fiction. Internet offre a tutti un gran numero di notizie e di nozioni, ma è un vaso di Pandora disordinato e spesso inattendibile. Io come regista ho la possibilità di svolgere un lavoro per lo spettatore. Scelgo e rielaboro queste informazioni dandogli un taglio personale, in modo che il film risulti avvincente e convincente.
Vuole dire qualcosa ai giovani videomaker che intraprendono questa carriera?
Non affezionatevi troppo! All’inizio si tende a scrivere, girare e montare da soli, ma ci sono delle controindicazioni. Spesso anche se ami una scena non significa che questa funzioni. Bisogna farsi affiancare da qualcuno, soprattutto in fase di montaggio, ed essere pronti a rinunciare.
Francesco Cordio terminerà entro dicembre il suo nuovo film. Un viaggio alla scoperta dei giovani italiani all’estero, sulle tracce del tour europeo di tre cantautori romani, Nicolò Fabi, Max Gazzè e Daniele Silvestri. Un diario dei loro concerti, molto intimi e poco spettacolari, in occasione dell’uscito dell’album Il padrone della festa.
Le prossime proiezioni di Lo Stato della follia sono: 25/10 Belluno, Istituto Catullo – 30/10 Torino, Castello del Valentino, ex Facoltà di Architettura
inoltre, il film è stato appena inserito nella selezione ufficiale di concorso della sezione Human Rights del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli “Special Mediterranean Edition” che si terrà dal 20 al 25 ottobre 2014
Zelia Zbogar
You must be logged in to post a comment Login