Non è risultato vincente in nessuna categoria della rassegna Alice nella città, come invece ci aspettavamo, ed è un vero peccato, perché “Please stand by” di Ben Lewin è risultato un film convincente in tutto e per tutto. Il regista e il suo staff, aiutati dalla bravura di Dakota Fanning, sono riusciti a trattare la sindrome dell’autismo in maniera leggera e soprattutto istruttiva. Non solo per i ragazzi autistici che potranno ricevere la giusta autostima da una storia del genere, ma soprattutto per i loro parenti, troppo spesso scoraggiati dall’intraprendere un vero rapporto con loro, finendo solo per peggiorare la situazione. In più elemento portante della storia è la passione della protagonista per Star Trek, e di Leonard Nimoy soprattutto. Un film moderno che magari farà conoscere o riavvicinare una delle più belle saghe fantascientifiche della storia. E dopo aver letto della conferenza stampa avvenuta lo scorso 31 ottobre presso l’Auditorium Parco della musica, ecco la recensione del film diretto dal regista di “The Sessions” e “Un pesce di color rosa”.
Dopo la perdita della madre, Wendy (Dakota Fanning) viene mandata in un istituto dalla sorella Audrey (Alice Eve), perché crede di non poter gestire l’autismo della giovane, soprattutto ora che deve badare alla sua figlia appena nata. Qui Wendy trova un ambiente non del tutto ideale per lei, ma grazie alla sua terapeuta Scottie (Toni Collette) riesce a tenere a bada i suoi stati d’animo.
Merito di una vita organizzata giorno per giorno, minuto per minuto, e a dei metodi di autocontrollo ogni volta che rischia di avere una crisi, come il ripetere a se stessa finché non passa “please, stand by”.
Tutto questo, e la sua grande passione, Star Trek, la fanno andare avanti, anche in maniera felice a volte, e le cose sembrano decisamente migliorare quando legge di un concorso della Paramount, che cerca nuovi sceneggiatori per la serie fantascientifica. Wendy si mette subito a scrivere, 400 pagine di pura passione, ma non riesce a spedirla in tempo. Unica soluzione è consegnarla a mano, e dato che né Audrey né Scottie decidono di accompagnarla, sceglie di scappare insieme al suo cagnolino Pete, con pochi soldi e tanta speranza, verso Hollywood. Missione dura e pericolosa, come ogni viaggio dell’Enterprise, ma l’equipaggio è determinato. Riusciranno ad arrivare a destinazione e a compiere la missione?
Ben Lewin ha definito Spock come uno dei primi personaggi autistici della televisione, per il suo non saper provare emozioni, empatia verso gli altri, basarsi sempre e solo sulla logica.
Molto prima di “Please stand by” sembra aver avuto la stessa impressione anche Chuck Lorre, ideatore di The Big Bang Theory, dato che è il personaggio preferito di Sheldon Cooper, protagonista molto simile a Wendy. Anche lui non capisce le emozioni, il sarcasmo, non prova l’empatia, e non solo. Ha paura del contatto fisico e vive la sua vita con un organizzazione davvero precisa o meglio, maniacale.
Alcuni colleghi universitari del sottoscritto lo hanno infatti considerato come un personaggio che sembra essere afflitto in piccola parte dalla sindrome di autismo, anche se, con il passare delle stagioni, Sheldon Cooper ottiene enormi miglioramenti, senza però cambiare mai del tutto in alcuni punti.
Se Lorre ha pensato davvero a questo per il suo personaggio difficilmente lo ammetterà mai dato l’evidente timbro comico della sua sit-com, rischiando dunque di urtare i sentimenti di molte persone sensibili a questo argomento.
Ben Lewin al contrario usa Spock e il personaggio di Wendy non per far ridere ma per raccontare una storia ricca di sentimenti con una Dakota Fanning eccezionale dalla prima all’ultima scena, aiutata in questo anche dagli altri componenti del cast, dai coprotagonisti fin dalle semplice comparse, ognuno sembra perfetto per il ruolo designato. L’attrice che molti ingiustamente considerano solo come la sorella maggiore di Elle riesce a trasmettere un’intensità e un’empatia anche solo con i suoi occhi, senza dimenticare le espressioni e gli stati d’animo, a volte felici, altre tormentati . L’autismo non è qualcosa che ti impedisce di vivere o di cercare di realizzare i propri sogni, almeno nel caso di Wendy, che nonostante tutte le difficoltà lungo il suo viaggio “on the road” riesce ad andare sempre avanti praticamente da sola.
Ancora non si sa una data di uscita al cinema, o nel caso di una distribuzione diretta Home Video, per l’Italia.
Valerio Brandi
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