Rada: Storie di mare

Intervista ad  Alessandro Abba Legnazzi per Rada, il suo film d’esordio nel lungometraggio di finzione. Miglior Film per la sezione Italiana.doc al Torino Film Festival

Realizzato in collaborazione con BabyDoc Film e Officina Koiné, Rada è un film “condiviso” ovvero scritto insieme ai suoi interpreti, gli ospiti della casa di riposo per la gente di mare G. Bettolo di Camogli (Liguria). Sono ex-marinai, palombari, sommergibilisti, comandanti, che hanno trascorso tutta la loro esistenza lontani dalla terra ferma e che ora stazionano annoiati in una villa-ospizio a due passi dalle Cinque Terre. Alessandro Abba Legnazzi ha chiesto loro di reinventarsi, di partecipare al suo film in veste di attori e co-sceneggiatori, e al contempo ha girato una sorta di making of della messa in scena. «Abbiamo creato insieme tutte le situazioni e i personaggi. Avevo di fronte uomini sospesi tra quello che erano e quello che non potranno più diventare, ma entusiasti di partecipare al progetto. Nel film un po’ recitano e un po’ sono se stessi, un po’ conservano quel fascino quasi mitico del marinaio e un po’ sono vecchietti in pensione con le loro svagatezze e manie». E a bordo di questa nave ancorata alla deriva c’è chi si sente poeta e recita versi a rima alternata, chi si finge morto per fare uno scherzo all’infermiera, chi non ha mai smesso di essere astronomo e cartografo, chi bestemmia rivolto all’orizzonte, con il binocolo al collo e la mano sugli occhi a coprire il riflesso del sole.

Alessandro_Abba_LegnazziRada, un film sospeso tra documentazione e finzione. Ci racconta questa scelta stilistica?
“Fin dall’inizio mi era chiaro che non mi sarei accontentato della sola osservazione. Cercavo un modo per entrare in sintonia con gli ospiti della Bettolo, volevo che si sentissero parte attiva del progetto, non dei “soggetti in cattività” da studiare o galvanizzare. Insieme abbiamo realizzato un laboratorio di storie di mare in cui sono emersi molti spunti per il film. Ad esempio l’idea dell’ambientazione circoscritta all’interno dell’ospizio. Un edificio a strapiombo sul mare che dava davvero la sensazione di una nave ancorata in rada, un luogo in cui sentirsi protetti, circondati da amici e ricordi preziosi.”

Un film interamente scritto o ci sono parti di improvvisazione?
“Entrambe. Ho lasciato agli interpreti le scene. Ci sono molti momenti in cui si allontanano dal copione e iniziano a divagare seguendo associazioni impreviste, è uno dei meccanismi della memoria. Un personaggio in particolare ha stravolto la sua storia in fase di realizzazione. Avevamo scritto un racconto incentrato sulla rievocazione del suo primo amore, poi prima di iniziare le riprese è stato trasferito in una stanza senza riscaldamento ed è cambiata la sua urgenza. Ha trattato l’argomento e trovato un escamotage per protestare con il direttore. Quello che ho notato è che nonostante avessero l’opportunità di reinventarsi completamente, sono rimasti tutti molto legati alla propria realtà. La sceneggiatura ha esplorato la dimensione del gioco e dello scherzo, a volte dei piccoli desideri quotidiani, ma non si è spinta oltre.”

Cosa l’ha colpita di questo equipaggio così particolare?
“L’aspetto creativo e la grande sincerità con sui i protagonisti mi hanno messo a parte delle loro vite. Rada non è nato come un progetto di assistenza volontaria, la mia collaborazione con la struttura è stata più interattiva. Tutti gli ospiti avevano tantissimo tempo vuoto, poche visite e nessuna occupazione, la loro era una solitudine singolare, malinconica e fiera al contempo. Quando ho spiegato loro il mio intento erano entusiasti. Vado spesso a trovarli e incontro ancora la stessa volontà di stare insieme.”

In che modo ha organizzato le riprese?
“Ho lavorato tra amici, con una troupe ridottissima. Sul set oltre a me c’erano Alessandro Baltera, fonico, e Matteo Tortone, direttore della fotografia. A distanza ci ha seguiti anche Enrico Giovannone, il montatore. Un problema di budget e una scelta perché temevo l’invadenza. Ho girato con una Sony EX1 in HD. Il soggetto è stato scritto tra maggio e giugno del 2012 e subito sono iniziati i primi incontri con i marinai della Bettolo. A settembre avevo già i sei protagonisti e un canovaccio scritto, ma le riprese sono iniziate l’anno successivo, nell’estate 2013. Avevo paura che l’inverno avesse raggelato lo spirito dei miei attori invece mi stavano aspettando. È stato incredibile ritrovarli così pronti all’azione! Così abbiamo realizzato in diciotto giorni per circa quindici ore di materiale. Anche se quando eravamo lì ci volevano un po’ tutti, come fossero tornati bambini, le riprese sono state mirate e programmate al dettaglio.”

Perché ha girato in bianco e nero?
“Una scelta nata in parte prima di girare il film. La struttura non si prestava alle riprese a colori, le pareti azzurrine e le luci al neon erano deprimenti. In ogni caso abbiamo rimandato ogni decisione in fase di montaggio. Con Enrico Giovannone mi sono reso conto che il bianco e nero avrebbe accentuato un certo clima di sospensione, una dimensione eroica, quasi favolosa.”

Dopo la vittoria al TFF quale strada immagina per il film?
“Vorremmo provare a distribuire il film dal basso, ovvero portarlo al cinema con le nostre forze. Rada è nato con poco, è stato costruito da un gruppo di amici e continueremo a seguirlo personalmente. Dopo il TFF e Filmmaker Fest cercheremo di partecipare ad altri festival, soprattutto all’estero. Fin qui sono soddisfatto e non voglio pormi dei limiti nonostante sia consapevole che la strada della distribuzione indipendente è in salita. Rada è dedicato ad Alessandro Baltera, scomparso lo scorso agosto. È un modo per ricordarlo e ringraziarlo dell’amicizia e della passione con cui mi ha seguito in questa avventura.”

Ha nuovi progetti?
“Sto terminando un film iniziato prima di Rada, ovvero Storie di uomini e lupi. È un lavoro mio e di Andrea Deaglio. Abbiamo raccolto dei ritratti attorno al tema anticipato dal titolo seguendo un’impostazione antropologica. Ritroviamo un po’ la struttura di Qui di Daniele Gaglianone. Mentre ho un altro progetto appena nato di totale finzione. Si tratta di un film che ripropone molti elementi di Rada, quali ambiente chiuso, attori non professionisti e condivisione del lavoro creativo. È una co regia mia e di Enrico Giovannone, sceneggiata da Claudio Malpede. È in fase di scrittura ma sarà una storia ambientata in un bar, immersa nel microcosmo dei suoi frequentatori.”

 

Zelia Zbogar

 

You must be logged in to post a comment Login