Selma-La strada per la libertà: il Dottor King marcia ancora

Il nuovo film di Ava DuVernay è emozionante e pieno significato per vecchie e nuove generazioni

Dopo poco più di un anno dall’uscita di “The Butler-Un maggiordomo alla Casa Bianca”nelle sale americane, ecco arrivare “Selma- la strada per la libertà”.
Ma, perché non confrontare quest’ultimo film con il ben più noto “12 anni schiavo”?
Semplice, perché sono due lungometraggi tanto simili ma allo stesso tempo molto diversi.
Il film premio Oscar di Steve McQueen parla dello schiavismo nei confronti dei neri, mentre quello di Ava DuVernay ha come tema la segregazione razziale, e, visto che in questo film tra i protagonisti ci sono attori come David Oyelowo e Oprah Winfrey, presenti anche nel cast di “The Butler”, possiamo tranquillamente definirlo come una sorta di spin-off dell’ultima fatica di Lee Daniels.

Selma, 1965. La città dell’Alabama è governata, come molte altre, soprattutto nel sud degli Stati Uniti, da persone di pelle bianca, che fanno tutto per impedire ai neri di votare.
Diritto di voto concesso agli afroamericani in via teorica, ma in pratica impossibile da ottenere, perché i dipendenti degli uffici possono sempre ritenere “non idonei” i neri al suffragio universale, e in più tutti coloro che vogliono iscriversi alle liste elettorali sono schedati pubblicamente, in modo da consentire ritorsioni nei loro confronti da parte dei bianchi razzisti e violenti.
Ma il vento sta per cambiare, grazie a un uomo che è ogni giorno che passa sempre di più nella storia.
Martin Luther King, Jr. riesce nel giro di pochi mesi ad ottenere questo diritto grazie a tre marce da Selma a Montgomery (non senza vittime innocenti) ispirandosi a Gandhi, dimostrando anche lui che si possono ottenere risultati con la non violenza.

Selma-La strada della libertà” potrebbe sembrare un film superato ai giorni d’oggi, buono soprattutto per far piangere un po’, perché è vero che il razzismo è ancora presente negli Stati Uniti e nel resto nel mondo, ma oggi proprio quello Stato è governato da una persona afroamericana, quindi le coscienze di molti si sono già smosse.
Ma è una pellicola utile non solo per far cambiare la propria visione sulle differenze di colore della pelle, ma anche su quelle sessuali.
Una persona intelligente vede che i discorsi che si facevano allora sui neri sono gli stessi che si fanno oggi sulle persone LGBT.
Dal presidente Johnson che non vuole al momento firmare nuovi leggi di diritti civili perché “ci sono cose più importanti a cui pensare”, al governatore George Wallace che non vuole concederli perché “Dio li ha creati diversi da loro”. E così come alle marce con Martin Luther King parteciparono non solo neri, ma anche bianchi ed appartenenti a varie religioni, oggi a sostenere i diritti degli omosessuali ci sono molti etero.
Sembra dunque che la storia si stia ripetendo, o almeno è questo ciò che ogni persona civile si augura, e chissà, magari tra qualche decennio vedremo dei nuovi Tim Roth nelle parti degli attuali retrogradi “difensori della famiglia tradizionale”, o dei nuovi Tom Wilkinson nel ruolo di presidenti che alla fine hanno fatto la scelta giusta, e per questo vengono ben ricordati.

Probabilmente non vincerà l’Oscar, e non sarebbe un’ingiustizia, perché quest’anno ci sono molte buone nomination, con lavori molto originali (“Gran Budapest Hotel” e “Birdman”) o altrettanto molto istruttivi (“The Imitation Game” e “La teoria del tutto”), ma il film della prima donna afroamericana a ricevere una nomination ai Golden Globe resterà impresso nella mente di molti, anche per una bellissima canzone come Glory.

Selma-La strada per la libertà” sarà presente nelle sale italiane a partire dal 12 febbraio 2015.

Valerio Brandi

 

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