Non è la prima volta che Luca Miniero decide di realizzare un remake parecchio shot-for-shot di un film straniero.
Nel 2010 abbiamo visto “Benvenuti al Sud”, con la prima parte del tutto identica alla pellicola francese “Giù al Nord”, e ora è toccato a “Lui è tornato”, il lungometraggio nato dal best-seller tedesco di Timur Vermes.
In “Sono tornato” sembrano davvero diverse solo location e gli attori, e pochissimo altro, ma andiamo con ordine.
Nel 2017 Benito Mussolini (Massimo Popolizio), ancora con i lacci ai piedi di Piazzale Loreto, cade dal cielo e precipita a Roma. Confuso, la ritrova molto diversa di come l’aveva lasciata, e il modo migliore per capire la situazione è documentarsi attraverso i giornali. Capisce di trovarsi in un’epoca diversa in tutti i sensi, ed è deciso a riprendersi ciò che gli apparteneva. Incontra per caso Andrea Canaletti (Frank Matano), che vede in questo buffo signore che si crede il Duce lo spiraglio per realizzare finalmente il sogno, diventare un regista per la televisione.
Comincia dunque questo viaggio per l’Italia per scoprire cosa ne pensa la popolazione di un eventuale ritorno di Mussolini, un documentario improvvisato con dichiarazioni ben poco variegate: ignoranza, qualunquismo, populismo, razzismo e anche tanti selfie. Eppure la popolarità di questo Duce aumenta sempre di più, fino a quando…
(Se non avete visto il film tedesco o letto il romanzo tutto quello che sarà scritto da questo momento in poi può essere considerato SPOILER)
Come accennato all’inizio, “Sono tornato” è un film che rispetto all’originale ha ben pochi elementi differenti.
Non perché Mussolini fosse diverso o, peggio ancora, migliore di Hitler (discorsi da ignoranti negazionisti che giudicano solo il numero dei morti, come se questo bastasse a giustificare il primo) ma per il semplice fatto che ci troviamo di fronte a due culture decisamente diverse.
Si è persa un’occasione nel creare un’opera migliore, più variegata ed originale, e invece il risultato si è rivelato peggiore del film tedesco, tranne appunto poche eccezioni.
In “Lui è tornato” sono rari i momenti in cui i cittadini tedeschi si ribellano indignati a questo individuo che si spaccia per Hitler per il semplice fatto che trovano ingiustificabile ciò che il dittatore ha compiuto in passato. In “Sono tornato” questi soggetti sono praticamente assenti, l’unico degno di nota è un macellaio che di fronte all’improponibile discorso del “non mischiare le razze” con a esempio gli animali risponde che gli esseri umani non sono carne da macello.
Come nel film di Wnendt, le vere opposizioni arrivano da due attori professionisti, risultato nel nostro caso migliori di quelle originali.
Esemplare la giornalista che non accetta l’apologia di fascismo in nome del profitto, e soprattutto le parole di nonna Lea.
Interpretata da Ariella Reggio, classe 1936, quindi una che, al contrario dei “fascisti del terzo millennio”, ha visto sul serio Mussolini in azione, con poche battute riesce nell’intento di far finalmente ragionare lo spettatore su temi importanti, come appunto che non c’è vera differenza tra Hitler e Mussolini, perché entrambi hanno commesso crimini imperdonabili mentre il popolo è rimasto a guardare pensando che fossero dei comici (difficile non vedere in questo parole ciò che è successo con Trump, e ciò che potrebbe succede in Italia con Grillo o Salvini) e quando li hanno presi sul serio era troppo tardi.
Come il film tedesco, “Sono tornato” mostra tutta la sua verità soprattutto nella scena del cane.
Perché c’è davvero chi accetta o dimentica campi di concentramento, leggi razziali, deportazioni, olio di ricino e manganello, pene di morte e torture… ma se ammazzi un cucciolo, sei davvero un mostro!
È una visione generalista, ma di certo non offensiva come quella sull’analfabetismo (“Eravate un popolo di analfabeti, dopo 80 anni torno, e vi ritrovo un popolo di analfabeti”), perché non tiene conto delle tante persone che hanno studiato seriamente nella vita e che, come già detto, sembrano essere state escluse a priori dal film.
Altra occasione persa è l’essersi completamente dimenticati o quasi della famiglia di Mussolini.
Viene citata una sola volta Edda Ciano Mussolini, ma mai Rachele Guidi e i suoi figli, e quindi sarebbe stato interessante veder coinvolta nel progetto Alessandra Mussolini.
Il regista ha risposto a questa mancanza alla troppa burocrazia dietro tale richiesta, contraddicendosi però poco prima affermando che hanno impiegato mesi solo per le riprese preliminari. Probabile che sia stata la stessa nipote del Duce a rifiutare, nonostante abbia detto di aver già visto e apprezzato il film (coerenza fascista dunque?)
Quindi ci limitiamo solo a sentire il nome di Claretta Petacci dalla bocca di Massimo Popolizio, forse ad evidenziare che il grande sostenitore del “Dio, Patria e Famiglia” aveva in testa solo le relazioni extra-coniugali.
L’interpretazione di Popolizio è comunque convincente, mentre è difficile capire il perché voler puntare a tutti i costi su Frank Matano.
È senza dubbio un ragazzo di talento comico (siamo sinceri, tutti coloro che lo hanno visto fare scherzi telefonici su Youtube hanno riso più di una volta) ma appunto per il modo in cui è arrivato al successo è diventato, giustamente o meno, uno dei personaggi più odiati del web e non solo. Al pari di Rovazzi, come è possibile immedesimarsi in lui? Come può un ragazzo che ha studiato tanto ma che purtroppo non riesce a trovare lavoro provare empatia per uno che nella vita reale è diventato famoso solo grazie a Youtube?
Dopo tutto questo possiamo concludere che una vera storia originale sul ritorno in vita di Mussolini nell’Italia di oggi l’hanno scritta Stefano Antonucci e Daniele Fabbri a partire dal 2016 con “Qvando c’era lvi”, un fumetto geniale e irriverente che allo stesso tempo prende di mira anche la sinistra attuale.
“Sono tornato” sarà presente nelle sale italiane a partire da giovedì 1 febbraio 2018.
Valerio Brandi
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