Christian Wolff è un genio della matematica, più a proprio agio con i numeri che con le persone. Sotto copertura, in una piccola città, lavora come contabile freelance per alcune delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo. Con la Treasury Department’s Crime Enforcement Division, gestita da Ray King, che inizia a stargli alle costole, Christian inizia a lavorare per un cliente pulito: una società di robotica all’avanguardia in cui un addetto alla contabilità ha scoperto nel bilancio una discrepanza di milioni di dollari. Ma, non appena Christian inizia a sistemare i conti, avvicinandosi sempre più alla verità, il numero dei cadaveri inizia ad aumentare.
Gavin O’connor è un autore che è stato capace di farsi un nome ed un marchio personale nell’indistry hollywoodiana. Dopo Warrior e Pride and Glory torna a parlare di nuovo di conflitti tra fratelli, di famiglie distrutte, di persone anaffettive, il cui unico scopo è trovare un loro guscio nel mondo e rinchiudercisi.
I suoi personaggi sono dei veri combattenti, dei guerrieri nati per resistere alla società capitalista che sembra una giungla. O’connor stravolge il mito della famiglia americana perfetta e ne fa un quadretto dove nel bene e nel male tutti devono restare uniti, hanno contro di loro l’intera società, anzi l’intero mondo. Il regista li segue nelle periferie delle città americane con uno sguardo intimo senza mai accennare a nessun pregiudizio. Lascia fuori anche le bandiere americane, non c’è spazio per politici o discorsi patriottici nei suo film, perché per lui i veri eroi sono gli abitanti di queste realtà.
Ben Affleck, dopo Batman, ricompare interpretando Christian Wolff e lo vediamo per la prima volta sotto nuove spoglie: all’inizio non è il super uomo palestrato ma è un 40enne autistico, impiegato di banca che a casa si mangia una cena a base di carne e pancake e posiziona nel piatto seguendo una precisa geometria. È fantastico. Affleck fa quella che probabilmente è la sua migliore interpretazione: il suo accountant non può avere contatti con l’esterno, non può amare o parlare con la gente, è più misantropo di Seidl per poi esplodere improvvisamente nella violenza rinnovando la figura del superuomo americano. Wolff è un self made man che ha dovuto combattere contro l’autismo. Tutto viene messo alla prova dalla sempre più bella Anna Kendrick che posa le valige di Up in the air per dare a Dana la giusta dose di ingenuità rapportandola ad una ragazza che deve diventare donna molto velocemente. L’America cupa e tetra è speditamente fotografa da Seamus McGarvey che ritorna a girare in pellicola, dando ancora più granulosità all’immagine, quasi volesse che lo spaccato storico che ci sta mostrando venga dimenticato presto.
O’connor rimette in scena un’ingigantita lite famigliare rifacendosi al mito della tragedia greca, e tutto è cosi perfetto, cosi ottimamente bilanciato e contrastato tra scatti di violenza alternati a momenti comici dove l’accountant prende alla leggera l’omicidio di sicari inviati per farlo fuori, sino ad arrivare ad un finale che fa sciogliere il cuore. Questo è il grande cinema americano, e vogliamo continuare a vederlo.
The Accountant uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 27 ottobre 2016.
Alessandro Bertoncini
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