The Propaganda Game: il primo documentario girato nella Corea del Nord

Dopo The Interview, la Corea risponde al mondo concedendo al regista Longoria di girare un documentario sul loro Paese per riabilitare la propria immagine.

Dicembre 2014. Doveva essere il mese di “The Interview”, il film satirico di Evan Goldberg e Seth Rogen sulla Corea del Nord di Kim Jong-un.
Un film che mostra la crudeltà della dittatura asiatica, e del tentativo dei due giornalisti Dave Skylark e Aaron Rappaport di assassinare il loro leader per restituire libertà al Paese.
Un film è solo un film, una finzione anche quando parla di storie vere, e questa non lo era di sicuro, ma il governo di Pyongyang non l’ha accettato lo stesso, cominciando una serie di minacce e attacchi virtuali nei confronti degli Stati Uniti.
L’uscita del film è stata rallentata, indebolita, ma alla fine nel mondo libero è in qualche modo arrivata, ed è stato un grande successo.
Perché “accontentare” le richieste della Corea sarebbe stato assurdo.
Obama giustamente affermò: «Se fanno tutto questo per un film satirico, cosa succederà il giorno che qualcuno deciderà di fare un documentario?»
E così comincia la storia di Alvaro Longoria.

Come suo secondo film documentario da regista aveva intenzione di provare a girarlo proprio in Corea del Nord, per tentare di mostrare al mondo il volto di questo Paese, se tutto ciò che si racconta sia verità o fantasia.
Missione difficile, se non impossibile, dato l’isolamento tipico delle dittature totalitarie.
Ma lui in qualche modo c’è riuscito, grazie ad Alejandro Cao de Benós.
Uno spagnolo come lui, che invece di voler fare il cineasta aspirava a diventare membro del Governo Coreano, e ci è riuscito.
La sua devozione verso la famiglia Kim hanno fatto sì che venisse nominato “Delegato Speciale della Commissione per le Relazioni Culturali con l’estero”.
Il documentario è stato realizzato, ma non nel modo più tradizionale.

Longoria poteva filmare solo nei posti e negli orari imposti da Alejandro, e lui e la sua troupe non venivano mai lasciati soli. È stato ucciso, in poche parole, tutto ciò che riguarda il giornalismo d’inchiesta.
Ma nonostante tutti gli sforzi del Governo Coreano di far apparire il proprio paese come un “perfetto paradiso comunista”, il documentario di Longoria è riuscito lo stesso a mostrare ciò che i Coreani vogliono nascondere.
Gli edifici mostrati al cineasta spagnolo sono troppo nuovi e perfetti per essere utilizzati tutti i giorni dalla gente comune, a partire dai pc dell’università, che sembrano appena usciti dalla confezione senza mai essere accesi.
Alejandro ha tenuto a mostrare a Longoria la celebrazione di una messa cattolica a Pyongyang, per dimostrare al mondo che in Corea del Nord non c’è persecuzione religiosa, ma oltre al fatto che questa ripresa è avvenuta dopo diversi giorni dalla richiesta effettuata, le persone in Chiesa cantavano molto bene, come se fossero tutte cantanti professionisti, e in più proprio quel giorno non veniva concessa l’eucarestia.
E poi il documentario mostra la parte più vera di questa dittatura, talmente reale e radicata nella loro società che nessuno si è preoccupato di nasconderla: l’istruzione, o meglio, l’indottrinamento.

La Corea del Nord viene definita come ultimo governo comunista del mondo.
Possiamo discutere all’infinito sul fatto se il Comunismo sia una forma di governo giusta, o fattibile, però la Corea del Nord, così come la Russia di Stalin o la Cina di Mao Tse-tung non ha mai rispettato uno dei principi più importanti della teoria di Karl Marx, cioè che la religione è l’oppio dei popoli.
Come nei precedenti regimi, anche nella Corea del Nord le religioni tradizionali sono state sminuite o completamente sostituite da un’altra, il culto della personalità del proprio leader politico.

Longoria mostra una scuola di bambini, dove fin dalla tenera età gli insegnano a cantare canzoni sul loro leader, non più visto come un semplice Capo di Stato ma un Dio vero e proprio.
E questa è la parte più triste di cui siamo a conoscenza della Corea del Nord, e di cui difficilmente ci libereremo.

Anche quando la dittatura crollerà (cosa inevitabile) se questi bambini saranno ancora vivi porteranno ancora con sé questi insegnamenti, magari continuando a pensare che Kim Jong-un, e suo padre Kim Jong-il, non solo erano delle brave persone, ma anche dei leader infallibili e intoccabili.
Del resto, nonostante siano ormai passati 70 anni, ci sono ancora persone anziane che ricordano il Fascismo come una “cosa buona e giusta”, per via dell’indottrinamento a cui erano obbligati a sottostare, tra insegnamenti scolastici ed adunate forzate a Piazza Venezia.

I politici come Alejandro, o i tanti militari intervistati, sono forse tra i pochi a credere veramente nella Corea del Nord, visto che il potere logora chi non lo ha, e continuano a smentire coloro che affermano che nel loro Paese tanta gente muore di fame, che le medicine sono poche, e che le persone vengono brutalmente giustiziate.
Forse gran parte delle notizie che ci arrivano sono esagerate, ma finché non si potrà fare un’indagine seria, finché non verrà concesso a qualcuno di visitare liberamente il Paese senza essere costretto a vedere solo ciò che il governo vuole che tu veda, tutto è possibile, e finché rimane l’alone di segretezza pensare male è la cosa più plausibile in situazioni come questa.

Valerio Brandi

 

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