Due uomini senza testa camminano nel deserto fino ad incontrarsi. Poi una mucca, ma non una mucca qualunque, questa è coscienziosa, assennata, formula pensieri elaborati e complicati, va in palestra, dal parrucchiere e ha addirittura un cane. È un essere diverso, un animale circondato da esseri umani, un essere alieno, ma solo in apparenza: la mucca di Tião è la metamorfosi del Boris di “Basta che funzioni”, una centrifuga tra Allen e Kafka. Quest’animale intellettualoide ci viene fatto conoscere quando è nel profondo della sua crisi: deve capire il perché della sua esistenza, comincia a studiare i classici della nostra letteratura e come Christopher McCandless si disfa dei beni materiali per trovare una sua dimensione nel mondo, ma quando comprende il vero senso dell’esistenza, cioè il nulla, realizza di non essere lei l’alieno in mezzo agli altri ma il contrario: è come l’occhio in cima alla piramide e dà rilievo alla costruzione di un suo mondo personale. Lei ha capito qual è la sua identità e per questo vuole isolarsi diventando l’antitesi delle prostitute di “Anti-porno” (sempre in concorso nella sezione After Hours del Torino Film Festival) che, al contrario, hanno una loro dimensione ma sono alla ricerca della propria identità. Come grandi pionieri la mucca si fionda dentro un abisso dal quale non vuole più venire fuori, e questo abisso è il deserto, distante da tutto e tutti.
Tião riesce a fuggire in maniera molto intelligente, degna di un bravo filmmaker, da un’analisi banale del consumismo raffigurandolo come un predatore che non ti lascia scampo: la televisione, poi il divano sono tutti elementi che sconfiggono un misantropismo troppo debole per essere immune ad un mondo caratterizzato dalla continua illusione comportata dalla vendita di beni materiali superflui che però hanno in sé un’idea potente, quella della bellezza, della purezza, quella di farti sentire più forte e più intelligente degli altri. Tutto questo la mucca lo vede attraverso la TV della quale prima non riesce a servirsi e che poi non vuole liberarsi, dalla quale osserva un mondo lontano.
Animal politico è un film complesso che trova nell’ironia il suo principale punto di forza. È una lettura amara e difficile da digerire quella che offre Tião, ma quando vediamo la mucca (palesemente finta) suonare un vecchio pezzo country blues, non ci resta che inchinarci davanti alla genialità.
Alessandro Bertoncini
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