Valley of Shadows: un horror sprecato

Non convince il primo lungometraggio di Gulbrandsen, presentato nella selezione ufficiale della dodicesima Festa del Cinema di Roma 2017.

Dopo tre cortometraggi, tra cui un documentario, Jonas Matzow Gulbrandsen esordisce con i lungometraggi grazie a “Valley of Shadows”, uno dei film della selezione ufficiale della dodicesima Festa del Cinema di Roma, la sua seconda presentazione ufficiale dopo il Toronto International Film Festival.

Asiak (Adam Ekeli) è un bambino norvegese di sei anni. Ha appena perso il fratello in circostanze misteriose, almeno per lui, e la sua situazione personale non migliora perché dopo ogni notte di luna piena trova in giro resti di pecore squartate. Convinto che a farlo sia stato un lupo mannaro, anche per via della madre Astrid (Kathrine Fagerland), poco presente nei suoi confronti, comincia lunghe passeggiate nei boschi, alla ricerca della verità.

Una premessa niente male, un film dalle potenzialità enormi. Ingredienti per un horror un po’ noir, ma anche una storia basata sulla crescita del bambino e la sua accettazione del lutto.
E oltre a tutto ciò, l’ambientazione norrena ricca di paesaggi e foreste ancora incontaminate in cui girare.

Quest’ultima sembra a conti fatti l’unica cosa che funziona davvero in “Valley of Shadows”.
Non è colpa degli attori, quasi tutti esordienti, ma della realizzazione in sé.
Le premesse non vanno a buon fine perché il film di Gulbrandsen risulta per prima cosa eccessivamente lento, anche per coloro che amano questo genere di narrazione.
Narrazione lunga e allo stesso tempo statica, la svolta non arriva mai, e una musica monotematica ottiene solo l’effetto soporifero per lo spettatore.
Un’occasione sprecata, che probabilmente non vedrà altra distribuzione se non quella già cominciata in Norvegia.

Valerio Brandi

 

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