Venezia 74: un festival che si conferma un successo

Alcune considerazioni sulla 74esima edizione della Mostra d’arte cinematografica di Venezia che vede vincitore del Leone d’Oro The Shape of Water di Guillermo del Toro.

Il momento più mesto di un festival è quando, allo scattare della mezzanotte dell’ultimo giorno, realizzi che il badge che hai al collo non ha più alcuna valenza, le sale dove hai vissuto per 10 giorni verranno disallestite, i proiettori riconsegnati ai noleggi e le persone che ti circondano, ovvero una famiglia di amici e colleghi, partono per ritornare a casa, ci si rincuora fissando un appuntamento al prossimo festival.
Venezia chiude la sua 74esima edizione lasciando il ricordo di un’avventura dal sapore surreale: con una partenza (i primi 6 giorni) imbottita dal divismo per i grandi di Hollywood, da Jim Carrey, Matt Damon, Jennifer Lawrence fino ad arrivare a George Clooney si percepiva, al contrario delle edizioni precedenti, la presenza della security, bastava camminare per le zone del palazzo del cinema/casinò per imbattersi in poliziotti armati con giubbotto anti-proiettile e, talvolta, era addirittura impossibile per il pubblico avvicinarsi ai divi e chiedere un autografo o una foto (es. Sam Rockwell che si aggira per Lungomare Marconi con le guardie del corpo). Ma la minaccia ha rafforzato lo sfondo politico del concorso di questa edizione, una raccolta di diverse cinematografie unite da un unico punto: la messa in scena della propria prospettiva sul cambiamento politico che sta affliggendo il mondo, da Samuel Amoz che si mette nei panni di un padre riluttante alla rettifica della morte del figlio, un soldato dell’esercito Israeliano, a Martin McDonagh che attraverso tre storie parallele (una madre alla ricerca dell’assassino della figlia, un poliziotto alcolizzato che vive ai margini della società ed uno sceriffo in guerra con se stesso e con il suo paese) rappresenta un’America allo sbaraglio, indisciplinata, pronta a speculare sulla prima persona che può essere designata come colpevole. Il summa del discorso è delineato da Aronofsky il cui protagonista del suo  discusso Mother (J.Bardem) rappresenta l’intera umanità macchiata dal peccato originale, dalla superbia di far valere la propria forza sugli altri e dalla sete di potere.
Film apparentemente diversi tra loro ma che in realtà fanno leva su unico punto: la politica sta lacerando l’essere umano, annebbiando i nostri percorsi e azioni, portando a chiederci, come i protagonisti di Three Billboards outside Ebbing, Missuri “siamo davvero certi di quello che stiamo per fare?” Stando agli autori dei film in concorso la risposta sembrerebbe negativa, allora non ci resta che unirci al giovane soldato di Foxtrot, abbandonato dal suo paese, che danza mentre è di guardia ad un posto di blocco in mezzo al nulla, non c’è posto per la politica ed il livore nelle nuove generazioni a cui il festival sembra rivolgersi, ma solo per un incerto sguardo intonso e sincero verso il futuro.
Un festival che ha regalato un’esperienza alternata da momenti di spensieratezza passati a parlare di cinema con amici e colleghi per transitare in una viscerale (?) inquietudine che trova le sue radici nella presenza di una minaccia che solo il cinema riesce a controllare. È Borghi stesso, il padrino del festival, a ricordare il linguaggio universale della settima arte: non c’è distinzione raziale, politica o religiosa davanti allo schermo, si ride tutti insieme alle battute di Frances McDorman in ThreeBillboards e ci si commuove con Foxtrot o si viaggia nell’oscurità con Valeria Golino nel bellissimo Il colore nascosto delle cose.
Quello di quest’anno è stato un grande festival che ha riservato un’inaspettata sorpresa nel finale del concorso con “Jusqu’a la garde” opera prima di Xavier Legrand che si aggiudica il premio per la regia e per l’opera prima inserendo lo spettatore in mezzo alla breccia creatasi in una famiglia dopo il divorzio dei genitori, osservando la dinamica dal punto di vista del figlio minore che la macchina da presa pedina con sguardo gelido. Un’opera che trova il suo valore nella messa in scena più che nella sceneggiatura, tenendo incollato alla poltrona il suo interlocutore e toccando la sua corda più profonda “quanto ci preoccupa davvero ciò che accade intorno a noi?”.
Hanno creato scalpore i premi al miglior film e regia per i quali erano quotati Mektoub, My Love: Canto Uno (180 minuti che riassumono le avventure estive di Amin, un giovanissimo sceneggiatore, travolto in un vortice afrodisiaco, dove Kechiche mette come al solito molta carne al fuoco ricercando una provocazione che non arriva mai al cuore al contrario di alcune sequenze che sono da antologia) e First Reformed (P.Schrader).
Un’edizione che sottolinea di nuovo la potenza di Venezia e che lascia un buon auspicio per la 75esima.

I 10 FILM DA RECUPERARE

1) Ex Libris – The New York Public Library (Frederick Wiseman)
2) Jusqu’à la garde, (Xavier Legrand)
3) Three Billboards Outside Ebbing, Missouri (Martin McDonagh)
4) Sweet Country, (Warwick Thornthon)
5) Foxtrot (Samuel Maoz)
6) Le fidèle (Michaël R. Roskam)
7) Madre!  (Darren Aronofsky)
8) Il colore nascosto delle cose (Silvio Soldini)
9) Outrage Coda (Takeshi Kitano)
10) Mektoub, My Love: Canto Uno (Abdellatif Kechiche)


Di seguito i premi di Venezia 74:

Leone d’Oro per il miglior film: The Shape of Water di Guillermo del Toro

Leone d’Argento per la migliore regia: Xavier Legrand per Jusqu’a la garde

Leone d’Argento, Gran premio della Giuria: Foxtrot di Samuel Maoz

Premio Speciale della Giuria: Sweet Country di Warwick Thorton

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Kamel El Basha per The Insultdi Ziad Doueiri

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente: Charlie Plummer per Lean on Pete

Premio per la migliore sceneggiatura: Martin McDonagh per Tre Manifesti a Ebbing, Missouri

Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”: Jusqu’a la garde di Xavier Legrand

 

Alessandro Bertoncini

 

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